Blog / Ciro Di Sarno | 06 Agosto 2017

Cartolina da Ischia – Quando i ginecologi vaccinavano con i gatti

In una foto in bianco e nero, che profuma di antico, un medico anziano, dalla chioma canuta e impomatata, siede al tavolo con una robusta donna di campagna dal viso tondo. Su una panca vicina, due bambine di 8 e 10 anni un po’ smunte. La borsa in pelle è aperta sul tavolo dove uno stetoscopio e un ricettario, si mescolano ad oggetti di vita ordinaria. Le due bambine, dagli occhioni sgranati, sono sottili, hanno lunghe gambe leggere e vestono un abito chiaro acconciato al meglio. Più indietro, sullo sfondo, due gatti soriani dalla furbizia levantina e acciambellati su una madia di castagno, ascoltano sornioni il dialogo tra il medico e la donna imbrunita dal sole.

E’ una vecchia foto del 1950 o giù di lì, e l’argomento della discussione tra il medico e la contadina, non sono principalmente le figlie ancora bambine, quanto i due gatti fuori fuoco. E’ noto che uno dei pericoli che si corrono in gravidanza, è l’infezione da Toxoplasma se contratta da una gestante sieronegativa, cioè sprovvista di anticorpi contro quella infezione. Se la toxoplasmosi colpisce la donna durante la gestazione, i rischi per il nascituro possono essere gravissimi, in specie se l’infezione è contratta nel primo trimestre gravidico. In tal caso, i danni che l’embrione può patire vanno dall’aborto all’accrescimento intrauterino ritardato, dalla encefalite alla idrocefalia, alla sordità e alla cecità.  Man mano che il feto matura nel corso della gestazione, le conseguenze si fanno via via meno gravi; in ogni caso la Toxoplasmosi connatale, cioè quella contratta dal feto, è sempre pericolosa. Ad eccezione della gestante, la Toxoplasmosi induce nei giovani quanto negli adulti (non in stato di gravidanza), una infezione silente, asintomatica che solo raramente si accompagna a febbre e a tumefazione linfonodale. In ogni caso la guarigione è la regola. Tuttavia, dopo aver superato l’infezione, permane uno stato immunitario efficace e duraturo, dato da una intensa produzione anticorpale.

 

Ecco perché nella donna nei primi giorni della gravidanza o in una aspirante mamma, si valuta con il cosiddetto complesso ToRCH, acronimo di un gruppo di agenti patogeni (Toxoplasma, Virus  della Rosolia, Citomagalovirus ed Herpes virus), responsabili di malattie di notevole rilevanza ostetrica e tutti molto pericolosi per il feto. Qualora la donna sia sprovvista di anticorpi verso una o più delle infezioni ToRCH, ella dovrà curare con estrema attenzione, durante la gravidanza, ogni possibile contatto con gli agenti infettivi che le cagionano.

Vediamo brevemente, quali sono le fonti di infezione della Toxoplasmosi. Come detto, questa è una malattia parassitaria, indotta da un microscopico parassita, dal nome peculiare: il Toxoplasma gondii, che in natura ha come ospiti definitivi i felidi. In ambito domestico, ovviamente, è il gatto a fungere da serbatoio d’infezione giacché espelle con le feci il parassita. Ovviamente bisogna considerare la promiscuità tra il gatto portatore della infezione (di cui non si ammala) e il contesto familiare in cui vive. Se l’animale è confinato in un appartamento, allora dovrà gioco forza fare uso di una lettiera ove deporre le proprie feci che, nel caso fossero infette, potrebbero contaminare l’ambiente. Lo stesso felino, imbrattandosi i peli della regione perianale con minuscole particelle fecali, può poi disseminarle su divani, letti, tappeti. Il contagio per l’uomo, in tal caso, si realizza per via oro-fecale, cioè per ingestione di particelle fecali infette disseminate dal gatto, e portate inavvertitamente alla bocca con le proprie dita.

 

I gatti viventi in stato di naturale libertà, invece, inquinano con le proprie feci infette le colture agricole o quelle erbacee destinate al pascolo degli animali. Ne deriva che bovini e ovicaprini, cibandosi di foraggio contaminato, ingeriscano anche le medesime particelle fecali infette deposte dal gatto, e così contraggano l’infezione. Giacche gli erbivori sono ospiti intermedi, non eliminano poi il parassita con le proprie feci che, invece, si incista nei loro muscoli. Il consumo di carni poco cotte o di salumi poco stagionati determina l’infezione nel consumatore. Analogo contagio alimentare per l’uomo, è il consumo di verdure inquinate da feci di gatti infetti da Toxoplasma gondii.

In una mio lavoro scientifico datato oramai a qualche anno fa, quando lavoravo presso due pubblici mattatoi della Campania, e condotto su diverse centinaia di campioni di sangue prelevati da bovini e suini prima di essere macellati, l’indice di sieropositività riscontrato era del 25% circa nei ruminanti e del 20% circa nei suini.

 

Ecco perché le raccomandazioni dei ginecologi sono perentorie qualora la gestante sia “vergine di contagio” cioè non possegga anticorpi contro l’infezione. Vietato manipolare verdure crude, vietato mangiarle, vietato manipolare carni crude, vietato mangiarle se poco cotte. Inoltre, se c’è il gatto in casa, è prevista una lunga quarantena del felino domestico in altro luogo, comunque lontano dalla futura mamma.

E il ginecologo della nostro foto in bianco e nero che profuma di antico? Che sta dicendo con l’indice puntato sui due gatti dalla furbizia levantina? Ne sta tessendo sicuramente le lodi come “vaccini viventi” per le due bambine ancora distanti dal menarca. Un tempo i ginecologi raccomandavano che in casa vi fossero gatti se in famiglia erano presenti bambine impuberi. In tal modo, venendo a contatto con il Toxoplasma, le bambine ne rimanevano immunizzate ed il ricco corredo anticorpale che gli sarebbe toccato in dote, le avrebbe preservate dall’infezione quando, di lì a pochi anni, sarebbero state giovani mamme in attesa del primo erede.

 

In altre parole, i ginecologi di un tempo vaccinavano con i gatti!

Ovviamente era una prassi empirica, dettata dalla esperienza e dal buon senso che, oggi, alla luce di quanto sta accadendo nel nostro Paese sulla questione “vaccino si, vaccino no”, lascia perplessi alquanto. Un tempo, quando le risorse mediche scarseggiavano, si ricorreva a tutto pur di preservarsi dalle infezioni. Oggi, che la biotecnologia ci mette a disposizione un ventaglio di “gioielli” vaccinali, guardiamo loro con disinteresse; anzi, con occhio bieco; anzi li evitiamo!

 

A Napoli diciamo: “ramm’ò pan a chi nun ten e rient” cioè “diamo il pane a chi non ha denti per masticarlo” con evidente allusione a chi stoltamente sottrae i propri figli dalle vaccinazioni che lo Stato mette gratuitamente a disposizione.

La controprova? Quando accade, come prima o poi accade, che viene fuori un’epidemia, le richieste di essere vaccinati esplodono con il panico tra la popolazione a rischio. I vaccini non sono sufficienti e tutti, soprattutto gli snob anti-vaccino del periodo di bonaccia, sono a caccia del prezioso presidio immunizzante. In tali circostanze non c’è valore monetario che resista. Se dovessero essere pagati, quei vaccini salvavita sarebbero comprati a peso d’oro.

 

Salve, sono Ciro Di Sarno e vivo ad Ischia, una delle isole più belle al mondo. Venite a trovarmi e vi racconterò il resto della mia vita