Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul nuovo numero di VICE Magazine, completamente dedicato all’attivismo oggi.
Il rapporto tra Chiesa e sessualità è complesso, e a farne le spese sono soprattutto i membri della comunità LGBTQ+ italiana. Secondo il catechismo, gli “atti di omosessualità” non sarebbero “il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale” e “in nessun caso possono essere approvati.” E questo ha una grande influenza anche sulla società “laica”: le Unioni civili sono diventate legge solo il 20 maggio 2016 dietro incessante pressione europea. Per tutelare chi non vuole rinunciare né alla propria identità né alla propria fede sono nate varie associazioni. Una di queste è Kairos, realtà fiorentina dove abbiamo conosciuto Iacopo Ialenti, 22 anni, che ci ha raccontato com’è essere giovani, cattolici e omosessuali in Italia oggi.
VICE: Quando ti sei unito a Kairos?
Iacopo Ialenti: Ormai due anni e mezzo fa, quando scappai a Firenze per studiare dopo aver fatto coming out. I miei genitori la presero malissimo: mio padre mi disse che era meglio avere un figlio disabile che me, per mia madre ero “un’aberrazione della natura”, mio fratello disse che mi avrebbe picchiato se avessi fatto il gay. Ma prima ancora è difficile fare coming out con te stesso, per un cristiano: devi affrontare una certa omofobia interiorizzata che ti rende un giudice terribile. E poi c’è la legge divina, che quando ti danno del contronatura—e molte altre cose che mi hanno detto ma fortunatamente ho dimenticato [ ride]—ti sembra così oppressiva.
E poi cosa è successo?
Un giorno mia madre è venuta a trovarmi a Firenze, e l’ho portata a una lectio divina. Quando siamo tornati a casa le ho detto, “Mamma erano tutti gay.” E lei è sbiancata, ma da quell’episodio sono cambiati. Mio padre si è anche messo a cercarmi marito.
L’omofobia e l’arretratezza in Italia quanto dipendono dalla società, e quanto dalla Chiesa?
Settanta percento dalla Chiesa. Ma purtroppo l’Italia dovrebbe essere uno stato laico e non lo è—e lo dice uno che segue, seppur a suo modo, la Chiesa. Ecco, invito tutte le persone cattoliche che non vedono l’ora di bruciare al rogo il diverso a leggere la Bibbia, come ho fatto io quando mi prodigavo per capire quanto fossi sbagliato. E mi sono reso conto che la risposta è: zero.
C’è sempre questo stereotipo per cui di comunità LGBT si parla solo come di lussuria, carnalità, non solo nella Chiesa.
Sì, e infatti con le Unioni civili ci hanno concesso il favore—o il lusso—di non avere nemmeno l’obbligo di fedeltà. “Vi diamo l’attestatino, ma potete continuare a scopare chiunque.” E invece noi chiediamo di essere riconosciuti come famiglia, io voglio avere la possibilità di studiare, lavorare, fare una famiglia e avere i miei figli con mio marito. Oppure no, ma che sia una scelta mia.
Ma tu hai una speranza reale che la Chiesa cambi? Oppure continuerà a considerare l’omosessualità “una tendenza”?
In occasione del Sinodo del 2015 abbiamo chiesto che si smetta di considerarla una tendenza e si cominci a considerarla un’affettività. Ma il potere della Chiesa si basa sulla percezione della gente, e temo che finché non cambierà la percezione dei fedeli non cambierà Roma.
Insomma, passeranno secoli…
Secoli. Suppongo che non vedrò la luce di quest’alba, anche se è già qualcosa che le istituzioni si sentano sotto assedio sul tema. Comunque, quello che faccio è battermi perché succeda. Sono stanco di sentirmi dire che in futuro le cose cambieranno; il cambiamento lo voglio fare io perché non posso sprecare la vita pensando che magari in futuro i miei nipoti avranno dei vantaggi.
Come si fa a non allontanarsi dalla Chiesa quando fai coming out e ti trovi un muro intorno?
L’omosessualità non è un pacchetto, non è che se sono gay sono per forza ateo; omosessualità e fede sono per me due binari che viaggiano in parallelo, due parti di me a cui non posso rinunciare. Egualmente mi dispiace quando vedo quelli che rinunciano alla propria omosessualità in nome della religione. Perché siamo fatti per essere felici, e loro lo dimenticano.
Quindi, la Chiesa non vi rappresenta…
Meno di niente.
Ma nel contempo non ti senti anche diverso dalla comunità gay?
La mia vita è tutta una discriminazione [ride]. Sapessi quanti ragazzi mi hanno lasciato quando hanno scoperto che sono cattolico. Non si può essere liberi di essere se stessi nemmeno sulle cose che ti rendono felice. Entrando a far parte di un gruppo di omosessuali cristiani la cosa un po’ cambia, perché capisci che non sei un pesce fuor d’acqua ma un pesce in un oceano.
Kairos è stato tra gli organizzatori del primo pride fiorentino. Il pride, non solo da un punto di vista “conservatore” religioso, ha un elemento di shock che a volte fa storcere il naso.
Il pride è eccessivo perché è una città che si muove, e nella città c’è chiunque. C’è la drag, c’è il cattolico e c’è lo scemo e tutti gli altri. Non si può parlare di eccessivo, è l’uomo che è eccessivo. Noi eravamo un gruppetto piccolino ma veemente, con tanto di striscione col lenzuolo della nonna. C’era anche la suora che ci segue e ospita nel suo convento.
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Vincenzo Ligresti per Vice.com