Blog / Ciro Di Sarno / Lettere | 27 Giugno 2017

Cartolina da Ischia – Figli di un dio minore?

Buona parte del mio lavoro di veterinario è dedicata alla cura dei pets, parola anglosassone che sta per animali da compagnia, dunque non solo cani e gatti ma anche: uccelli da voliera esotici e nostrani; rettili e cheloni; furetti, coniglietti, pesci d’acquario. Da ultimo anche asini e muli e cavalli, che, fino a qualche anno fa trattati esclusivamente come animali da lavoro, oggi sempre più presenti nelle case di campagna con spazi verdi dedicati al diletto. Nel volgere di un quarto di secolo di professione, ho assistito al mutare impetuoso del comune sentire il benessere e la cura degli animali. Agli esordi, nel mio primo studio professionale, la più parte dei clienti erano cacciatori che, con fare sovente orgoglioso, conducevano i loro robusti e sanguigni quadrupedi a visita. Meno baldanzosi i proprietari di cani da compagnia, intimoriti da un serioso camice bianco o forse, un po’ vergognosi di condurre un fissipide non onorabile della “patente di fiero cacciatore”. Totalmente assenti i gatti di cui si aveva schiettamente vergogna di palesarne il possesso. Era l’epoca dello sterminio dei cani randagi giacché la legge dello Stato (dura lex, sed lex), imponeva al veterinario della ASL (come diremmo oggi), di praticarne la eutanasia se non rivendicati entro tre giorni dalla cattura. Dal 1992, anno di abolizione di quella “legge capestro”, il problema relativo al benessere animale ha subito una eccezionale accelerazione anche nel nostro Paese, portando l’Italia quasi al livello dei Paesi anglosassoni dove l’animalismo più che un modo di vivere è una religione.  

Al di là dei valori generali del protezionismo animale e delle mai fin troppo sostenute battaglie per rivendicarne i giusti diritti, mi piace qui di seguito, dare uno spaccato, forse meno conosciuto, di quanto i pets siano indispensabili per l’uomo, socialmente, interiormente e   direi…quasi spiritualmente o senza il quasi!

Si sa che oggi sposarsi e mettere su famiglia è complicato assai. Difficoltà economiche, stabilità del lavoro, ambiguità e disorientamento su alcuni valori portanti come fedeltà e progettualità di vita, sono fattori che lasciano al palo centinaia di migliaia di giovani. La metà di questi sono donne in età fertile, le cui splendide funzioni ormonali le richiamano incessantemente all’anelito di una gravidanza, desiderio incessante cioè, di mettere al mondo una creatura, allattarla, vegliarla. Ebbene, sempre più di frequente si recano nel mio studio, oggi sotto casa per fortuna, giovani donne che serbano il loro cagnolino o gattino sul cuore, avvolto entro scialli di lana o di seta secondo la stagione, con l’atteggiamento di una madre. Coprendo per bene l’animaletto, nessuno potrebbe distinguere con certezza quella “mamma”   da un’altra con un bambino tra le braccia. Lo stesso candore del volto, lo stesso sguardo perso, la stessa ansia nei gesti e nelle parole, lo stesso modo di vezzeggiare. In altri termini lo stesso amore.  

Sappiamo anche che oggidì la solitudine degli anziani è un male diffuso e serpeggiante, capace di annichilire la già ridotta qualità di tanti pensionati. Lasciati i figli o da essi dimenticati, coppie ultrasettantenni, vedovi o vedove, soli in condomini da paura non hanno altro con cui parlare se non con il proprio cane o il proprio gatto. E sapeste che bei discorsi ascolto: si parlano di tutto, richiamano ricordi, fanno battute di spirito, vezzeggiano e viziano. No…no, non si rivolgono ai nipotini, che sono oramai merce rara, ma al loro meticcetto assai simpatico preso ad una mostra di strada di cani abbandonati o al loro micio ieratico e apparentemente indifferente. Vivono per loro e, cosa che mi commuove fino alle lacrime, i meno abbienti vorrebbero pagare con qualche risparmio, in genere monete metalliche. Ovviamente per costoro non c’è tariffa che tenga e così cerco di dare un mio piccolo contributo alla solitudine di quei vecchi.

Ogni tanto papà e mamme di bimbi gravemente malati mi portano a controllo il pet dei loro figli pallidi e smunti e calvi. E’uno strazio sentire quelle mamme che ti chiedono di fare un miracolo per salvare il cagnolino del figlio perché e tutto ciò che egli ha oltre l’amore sterminato dei genitori.

E così via, orfani attaccatissimi al cane del loro papà che non c’è più; divorziate arrabbiate che hanno ricevuto per sentenza, l’obbligo di tenere il gatto dell’ex marito; vigili urbani zelantissimi che chiedono di leggere il chip del cane ritrovato in strada…tanti attori di uno spaccato di umanità densissima; una umanità che si costruisce ricca di sentimento, attorno a quei corpicini pelosi e scodinzolanti.

Ciro Di Sarno 

Questo distinto signore dal camice immacolato e dallo sguardo bovino sono io….e qui sono nel mio studio veterinario, sotto casa, dove passo i miei pomeriggi a curar “bruti” e talvolta “bipedi”. Di mattina però vivo tra fascicoli e registri dirigendo l’ufficio veterinario della Asl con competenza sulle isole di Ischia e Procida. Un non so che di romantico mi prende quando, per lavoro, mi reco a Procida attraversando lo stretto canale che la divide da Ischia, a bordo di piccoli gozzi di pescatori irruviditi dal sole. Quattro figli e una moglie…sempre la stessa da 25 anni (oggi è bene precisare). Qualcosina faccio ancora all’Università dove riesco a coltivare interesse per il mio “primo amore”: l’istituto di malattie infettive” dove i bei ragazzi di un tempo che lo frequentavano nelle loro giacche di buona stoffa, oggi sono canuti e signorili professori. Perché articoli sintetici di Arte e Fede? Perché cerco Dio anche nella creatività dell’uomo di ogni tempo; perché credo che ogni opera d’arte serbi il bel volto di Cristo.