Le Lettere di Alex – Gli omofobi ci tolgono il diritto alla castità
Sergio è il nickname di una persona omosessuale che ha già scritto sul blog. Da giugno del 2017 ha cambiato nickname in Alex
Caro don Mauro,
sono un trentenne omosessuale, credente e praticante, in cerca della castità e vorrei testimoniare che, grazie a sacerdoti e a persone come lei, un giorno tutte queste definizioni insieme non saranno più una contraddizione. Ho scoperto in me stesso che le pressioni angoscianti, il rifiuto e l’esclusione di un “amore-sbagliato” (che contraddizione in termini!), hanno un effetto paradosso e determinano il ricorso ad una sessualità compulsiva utilizzata come conferma, come strumento di appartenenza e come consolazione. Se la disperazione prende il sopravvento e i bisogni epidermici di conferma e di appartenenza si fanno insaziabili, la lotta tra ingiusta oppressione esterna e naturale ribellione interna si traduce in una sessualità dipendente e autodistruttiva. Questo è l’aspetto più estremo del “minority stress” (di cui parla lo psicologo Vittorio Lingiardi nel suo libro “Citizen Gay”) e questo è il motivo per cui credo che l’omofobia in tutte le sue forme, anche quelle che tanti reclamano come “correzione fraterna”, sia tanto amata dal diavolo.
Guardando il video in cui lei ci ammonisce, in buona sostanza, a non dire “pazzo” a nessun fratello (come fa Gesù in Mt. 5,22) – nello specifico, di non dire “scomunicato” a chi non è d’accordo su qualcosa della dottrina cattolica e forse, di non dire “malato” o “depravato” ad un gay – ho trovato grande consolazione e risposte molto chiare ad alcuni miei problemi. Forse, se tutti i sacerdoti e i credenti si ponessero in questo modo verso noi omosessuali, ci faciliterebbero il perseguimento del fenomenale e utilissimo obiettivo della castità, a cui tutti siamo chiamati, per nostro ordine di vita e per nostra gioia e vicinanza a Dio e non per ossequianza alla regola. D’altra parte la castità è il risultato di una battaglia interiore finalizzata alla disciplina e alla sublimazione delle energie sessuali, da trasformare in un atteggiamento di rispetto verso il “tempio dello Spirito Santo” che è il corpo e di amore verso ogni cosa e persona, anche verso le pietre. Com’è possibile coltivare quest’atteggiamento in un mondo che ingiustamente e odiosamente ti fa sentire un rifiuto, uno sbaglio della creazione e con un Magistero che ti ripete: “pazzo”?
Ogni volta che si mette sotto pressione e in discussione la bontà di una caratteristica umana che invece è determinata dalla natura (e in ultima analisi, dal permesso di Dio), quella caratteristica si ribella con tutta la forza che ha madre natura e chiede al suo portatore di essere urgentemente verificata, sentita, confermata, accettata, fosse anche in maniera compulsiva, fosse anche attraverso la sessualità promiscua quale ricerca di false conferme di sé. Questo meccanismo diventa esplosivo se riguarda le energie più potenti dell’universo: l’amore e il sesso. Ora i benpensanti riescono a capire perché esistono locali e saune gay per il sesso libero e sfrenato come quelle portate alla ribalta dalle Iene e frequentati assiduamente da molti omosessuali, e perché gli stessi locali per etero sono da questi ultimi frequentati in via del tutto eccezionale nel corso della vita?
Lei dice che esistono credenti che credono in alcune cose e le fanno; credenti che credono in alcune cose, non le fanno e si confessano; credenti che non sono d’accordo con alcune cose. Siccome in me alberga la potentissima spinta dell’amore, io appartengo alla terza categoria e quindi non sono d’accordo sul fatto che l’omosessualità sia una “grave depravazione”, una condizione “intrinsecamente disordinata”, che “ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne” e ogni altra cosa antiscientifica, disumanizzante e demonizzante che il Magistero si ostina a proclamare, forse per fomentare lo spauracchio nei seminari e nei conventi. Ma proprio quando seguendo la mia coscienza, che è “il primo tra i vicari di Cristo” ho smesso di essere d’accordo con queste posizioni, solo allora ho iniziato a trovare il percorso verso la castità, perché non ho avuto più bisogno di incidere ed imprimere, sul mio corpo, continue “prove” della naturalità della mia condizioni.
Insomma, vorrei dire a tutti: scommettete su di noi! Nel momento in cui accetterete con umiltà ciò che le scienze mediche e umane dicono riguardo all’omoaffettività e metterete al primo posto la carità rispetto allo zelo farisaico e legalistico, ci aiuterete a vivere con maggior equilibrio e ordine la nostra condizione relazionale e spirituale: ci riconsegnerete il diritto alla castità.
Il mio amore potrà non essere fecondo biologicamente, ma è assolutamente fecondo dal punto di vista esistenziale, sociale e spirituale. Ogni volta che ho avuto una storia d’amore, ho sempre vissuto, studiato, lavorato meglio; ho sempre ringraziato ed amato di più Dio perché io credo che è attraverso la relazione con gli altri che si manifesta in maniera più tangibile l’amore di Dio e per Dio. Mi proponevo di vivere con serenità il frequente sacramento della riconciliazione, forte della frase di San Pietro che dice che “l’amore copre una moltitudine di peccati”: l’amore che mi faceva ringraziare e adorare Dio per quella storia che Lui mi aveva donato. Ho avuto anche la grazia di aver avuto dei fidanzati con cui la domenica andavo a messa e ho sperimentato la potenza della preghiera e dell’eucaristia, che metteva pace anche dopo un lungo litigio o un’ostilità. Attualmente sono single, ma ciò che conta è che ho ritrovato (con moltissima fatica, grazie a tante lacrime, ad una lunga psicoterapia e al sostegno di un sacerdote intelligente, anche se un po’ lontano da casa mia) la cosa più preziosa che ognuno – etero o omo, credente o non credente – deve trovare per amare la vita: l’accettazione di sé, che va di pari passo con la scoperta dell’amore che Dio ha per te. Solo in seguito a queste scoperte, come per incanto, si è potuta finalmente aprire la stretta strada che mi ha portato al raggiungimento di una spontanea, volontaria, libera, goduta castità. Solo dopo aver perdonato il mondo e la Chiesa che mi dicono “pazzo”, con l’aiuto dei sacramenti che quella stessa Chiesa che amo mi offre, con l’aiuto della preghiera e della guida spirituale “intelligente”, la virtù della castità come dono del Signore è riuscita a scendere su di me. Dio finalmente non è più indignato con me, che mettevo in dubbio il suo atto creativo che mi ha generato così come sono, e finalmente mi ha concesso questa virtù. In altri termini, non ho più bisogno di provare ripetutamente a me stesso, sulla mia carne, in maniera coatta e tranquillizzante, che nel mio modo di desiderare, di amare e di fare sesso non c’è nulla di demoniaco, malato, che “grida al cielo”. Non ho più la necessità di trovare rilassamento, euforia e consolazione compulsiva in risposta all’ansia e all’angoscia deprimente che i militanti cattolici o il confessore o il predicatore di turno mi instillavano oscurando l’amore che Dio ha per me. Non dico più: “ma sì… sono condannato? …Beh, inferno per inferno, tanto vale spassarsela fino in fondo su questa terra!”
Tra l’altro, sono convinto che i giustizieri legalisti delle sagrestie o dei social che si sbracciano a ricordare i brani della Bibbia che condannano l’omosessualità (o l’adulterio omosessuale?) siano persone deboli che hanno solo bisogno di sentirsi migliori sulle spalle del diverso. I vari gay poi che si fanno portatori del vessillo magisteriale, come “Adamo creato” ed “Eliseo nel deserto”, o sono emissari ecclesiastici del demone dell’omofobia o sono poveri paralitici sottomessi alla Legge in un finto e supino ottundimento della coscienza. Ciò che è triste è che questi omofobi hanno le spalle coperte da una dottrina per me scorretta e poco “intelligente”, non lungimirante, che porta all’opposto dell’obiettivo a cui vuole far tendere e fa di noi omosessuali dei traumatizzati e degli insicuri. D’altra parte questi giustizieri di cosa si preoccupano: del fatto che a qualcuno saltasse in mente di prendere l’eucaristia senza essersi prima confessati una scopata? In coppia, noi gay dovremmo solo comportarci come fa il 99% delle coppie di fidanzati prima del matrimonio, punto. Solo che lo dobbiamo fare per tutta la vita. Da single o da fidanzati possiamo trovare la serenità adatta a perseguire la castità, l’equilibrio e la serietà nelle relazioni solo se potremo essere semplicemente considerati come persone che – PER AMORE – e scusate se è poco, non sono perfettamente d’accordo con la dottrina e semplicemente bisognosi dell’infinita misericordia di Dio. E se c’è in gioco l’amore, ciò che i legalisti vedono come impenitenza è semplicemente l’unico vero modo che Dio ci ha dato per amare, che va semplicemente accompagnato da una frequente confessione. D’altra parte Gesù non dà limiti al perdono di chi gli chiede continuamente il suo amore salvifico (perdona “settanta volte sette”), figuriamoci se uno lo fa per proteggere e santificare il proprio amore terreno. D’altra parte dall’effetto paradossale del legalismo Lui ci mette in guardia chiaramente all’inizio del capitolo 5 di Giovanni: sotto il porticato pentagonale (che simbolizza i cinque libri della Legge) della piscina Betzaetà, ci sta solo “un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici”. Gesù disse al paralitico “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. Allo stesso modo, solo il suo amore, e non il legalismo, è in grado di dire a noi omosessuali: “Alzatevi, prendete la vostra diversità e camminate, perché non siate più schiacciati da atteggiamenti che vi portino lontani dall’amore di Dio, che vi condurrebbero solo a peccare e quindi a farvi accadere qualcosa di peggio”.
Questa verità dovrebbe far riflettere molto tutta la Chiesa, a partire dai vertici, che dovrebbero rendersi conto che lasciare quei termini nella dottrina e certe considerazioni ascientifiche nella morale sessuale significa colludere con un meccanismo angosciante che anziché dissuadere dal praticare il sesso, ci conduce compulsivamente a gettarci tra le calde e rassicuranti braccia della promiscuità, della gregarietà più spinta e ghettizzante, del disimpegno relazionale e dell’odio di sé, rubandoci, paradossalmente, il diritto alla castità.
Grazie don Mauro, con affetto,
Sergio
Qui il video cui allude Sergio