Carlo Climati – Dalla parte dell’accoglienza e della speranza
Da un po’ di tempo ho cominciato a seguire, su internet, l’attività di “Cammini di speranza”, Associazione Italiana Cristiani LGBT.
Ho apprezzato molto la loro iniziativa “Chiesa ascoltaci”, una raccolta di storie e testimonianze di persone che raccontano la propria vita ed esperienza di fede.
Le ho trovate tutte molto belle. In particolare, mi ha toccato il cuore la storia di Vanna, transessuale e cristiana, che ci parla della Chiesa come “casa di tutti” e che “pertanto può e deve diventare Casa nostra”.
Seguo anche “Progetto Gionata”, un portale interessante che parla di fede ed omosessualità. E’ molto ben fatto. Ha una notevole ricchezza di argomenti e un ottimo stile di comunicazione. Rappresenta, senza dubbio, una bella opportunità di riflessione e di approfondimento.
Perché seguo certi temi sul web? Perché nella vita mi occupo, tra le varie cose, di accoglienza ed inclusività. Cerco di fare in modo che queste parole non siano soltanto slogan melliflui o occasioni per fare della retorica. Vorrei interessarmi concretamente a chi è vittima di emarginazioni e discriminazioni.
Ultimamente l’argomento “omosessualità” sembra essere di moda. Finisce spesso sui mezzi di comunicazione. Ma in che modo? Come se ne parla? Qual è la qualità della comunicazione su questo tema? Ci si impegna davvero per favorire una reale accoglienza, o si continuano a disseminare pregiudizi e luoghi comuni?
E’ triste – solo per fare un esempio – leggere sul web i commenti che vengono fatti sul tema delle persone omosessuali credenti. L’idea che possano esistere gruppi di cristiani LGBT sembra disturbare, infastidire, fare paura… Per accorgersene basta leggere certi commenti che circolano sul web, sui blog e i social network.
Pare proprio non esserci speranza per una persona omosessuale che desidera avere una vita affettiva e contemporaneamente vivere il suo percorso di fede. Le reazioni di certi sedicenti “cattolici”, di fronte a questa possibilità, sono durissime. Parole di condanna e di accusa.
Alcuni arrivano perfino a nominare l’inferno, citandolo come se fosse un destino certo, la meta prevista e inevitabile per le persone omosessuali che rifiutano di vivere in uno stato di castità.
Sono sinceramente sconcertato di fronte ad una tale durezza di cuori. E ancora di più mi rattrista l’arroganza di chi cita il Catechismo della Chiesa Cattolica come se fosse un’arma da fuoco.
Ho il massimo rispetto per il Magistero della Chiesa. Ma non posso fare a meno di notare la profonda differenza tra lo stile di Papa Francesco, che ci invita alla cultura dell’incontro, e certe sentenze facili sputate sul web, come pallottole di una mitragliatrice.
Io vedo tante cose buone nelle persone che frequentano i gruppi di omosessuali credenti, vivendo con gioia la loro vita affettiva.
Mi schiero con convinzione dalla parte dell’accoglienza e della speranza. La speranza di un mondo in cui ogni essere umano possa essere amato così com’è, senza essere catalogato o giudicato.