Blog / Don Sergio Fumagalli | 20 Febbraio 2017

Le Lettere di don Sergio – Ancora sulla sofferenza

Penso che le seguenti riflessioni siano superflue per un buon numero di frequentatori di questo blog, ma, forse, potrebbero essere necessarie per il target ideale dell’amministratore. Le faccio quindi per favorire una maggiore comprensione per tutti e per cercare di dissipare eventuali equivoci.
La sofferenza ed il dolore, per un cristiano, sono la conseguenza del peccato (talvolta anche del peccato personale, ma in generale del peccato originale e dei peccati che da allora continuano a commettere tutti gli uomini). Per questo, sofferenza e dolore sono parte dei mali che affliggono tutta l’umanità e, da questo punto di vista, se si potesse, è giusto volerli evitare.
Ma non sempre è possibile evitarli, sia nelle relazioni con gli altri, che spesso ci fanno soffrire (per colpa nostra o degli altri), sia nelle relazioni con il mondo, malattie e incidenti di vario genere; inoltre tutti prima o poi dovremo morire (alla morte sono associate sofferenze sia fisiche che psichiche).
Parlare quindi di valore salvifico della sofferenza non significa voler far diventare buona una realtà che non lo è, ma significa scoprire che questa realtà di male può essere sopportata e valorizzata per una finalità più alta.
La sofferenza ed il dolore non hanno un valore positivo in se stessi, ma per il motivo per cui si sopportano, quando il sopportarli è necessario o conveniente.
Aggiungo, per ora che ci sarà un motivo in più per l’inizio della Quaresima, che l’allenamento alle piccole sofferenze e privazioni, anche volontarie, aiuta a fortificarsi e ad essere capaci di sopportare la sofferenza quando lo richiedono l’amore ed il servizio a Dio e al prossimo, sia nelle relazioni familiari, che nelle relazioni sociali.
La pazienza, la benevolenza, l’umiltà, la sopportazione per essere esercitate con signorilità hanno bisogno di un frequente esercizio, il cui motivo, oltre che l’amore umano per chi ti sta vicino, può essere anche l’amore per un Dio “che mi ha amato e ha dato la sua vita per me”.
La stessa cosa vale per ogni genere di malattia, dalle più piccole alle più grandi, con il buon senso di non pensare di essere migliori se si sopporta di più, perché ciò che conta non è la capacità di sopportare, ma quella di amare.

Don Sergio Fumagalli è nato nel 1957 ed è diventato presbitero il 21 maggio 2005. Attualmente è vicario nella Parrocchia di San Giovanni Battista in Collatino a Roma. Ha un suo sito

Ricordo che sul blog Come Gesù chiunque ha la possibilità di scrivere delle Lettere di cui è e rimane l’unico responsabile.