Blog / Sandokan | 28 Gennaio 2017

Le Lettere di Sandokan – Armando

Mauro mi ha chiesto di raccogliere le cose che ho scritto qua e là sul blog. Ho scritto di questa morte perché mi andava di chiedere in giro un po’ di preghiere e, se si sa qualcosa in più, si prega meglio, ho pensato.

E’ venuto fuori questo articolo, sull’onda dell’emozione che mio fratello ha suscitato in me quando, transitando in auto davanti a un manifesto a lutto, senza potersi fermare (aveva fretta) e senza leggere bene (era buio), mi chiamò per dirmi: “Passa tu a leggere bene un manifesto vicino a casa di mamma, perché forse è morto Armando”.

La foto dell’articolo è quella della palestra in cui giocavamo da bambini, che è poi il luogo nel quale è nato il basket nella mia città.

Ho ritoccato poco le cose che avevo scritto, ho preferito lasciarle così com’erano.

Grazie a chi si è ricordato di lui.

Necrologio

Armando era bello. Così sorridente quando mi incontrava. Mi chiedeva sempre di mio fratello: “Come sta? Dov’è?”. Per trent’anni mi ha chiesto di mio fratello, col suo sguardo strabico e le sue parole biascicate. Ma lo voleva sapere davvero, non come fanno in tanti, che chiedono per vincere l’imbarazzo, per non tacere. Solo che dopo si dimenticava di avermelo chiesto e me lo chiedeva di nuovo. Giocavamo a basket insieme, quando io ero bambino e lui già grande, con i peli sulle gambe. Era bravo, ma si muoveva come al rallentatore rispetto a me, perché era nato così. Ero contento di giocare con lui, perché io ero un bambino e lui no e però giocavamo da pari a pari e qualche volta vincevo io, che ero di dieci anni più giovane di lui. Parlavamo sempre della Viola, di pallacanestro. Una volta mi regalò una medaglietta della Madonna della Consolazione, che chissà dov’è finita. Lo guardavo, da adulto, come se fosse il monumento della mia fanciullezza, perché lui era un po’ rimasto come allora, con quel suo modo di abbracciarti e di baciarti e quel suo modo poi di andarsene da solo, come se fosse giusto che lui restasse solo e io tornassi a occuparmi di cose più importanti. Sembrava sempre in un altro spazio, anche quando ti stava vicino … e ti stava vicino davvero, ma poi se ne andava e tu ti dimenticavi di lui. Ma lui non si dimenticava mai di chiedermi di mio fratello. E mi mancherà come può mancare chi non serve a nulla, ma ci fa piacere lo stesso avere accanto.

Dopo il funerale

Sono tornato dal funerale del mio amico. Era pieno di ex cestisti, tutte persone di 190 cm e più che avevano giocato con lui molti anni fa, da ragazzi. Lui era piccolo e affetto da disabilità psico-fisica, e molti tra quelli con cui giocava finivano nei campionati, mentre lui rimaneva con i ragazzi.

Una mia amica mi ha ricordato che piangeva sempre ricordando i parenti defunti delle persone che incontrava e la cosa la impressionava perché erano poco meno che estranei per lui. Era pieno di gente, il suo funerale, venuta tutta per lui ne sono certo. C’erano onorevoli, un ex presidente di regione, due ex sindaci per una persona che non ha fatto altro nella vita che giocare a basket, vedere partite di basket, chiedere notizie delle persone care degli altri, se vive, oppure ricordarle piangendo. E poi baciare e abbracciare tutti. E infine salutare e poi sparire nel suo mondo, lasciando quelli intelligenti nel loro.

Spero tanto che il tuo amico non si sia sentito solo mentre era in vita

Non era solo e tutti erano contenti di vederlo, di una contentezza che io non vorrei per me, ma a lui appariva giusta e bastava. Almeno così è sempre sembrato a me. Era Viveva in autonomia, si poteva parlare con lui di cose semplici, si poteva fare anche conversazione … e poi giocava a basket ed era sempre in giro con l’autobus. Lo conoscevano tutti. Aveva un bisogno relativo di comprensione, ma molto bisogno di sorrisi e abbracci. E li ha avuti. Negli ultimi tempi – così ho sentito raccontare al funerale – chiedeva a chi incontrava “come mi trovate?” perché non stava bene e cercava conforto nelle parole degli altri. Mesi prima era stato operato, ma evidentemente l’intervento non era riuscito ad arginare la sua malattia.