Amoris Laetitia / Blog | 22 Gennaio 2017

Confronto tra Amoris Laetitia e Familiaris Consortio (sintesi di un articolo di Ivereigh)

Marisa Levi offre al blog questa sintesi, semplice ma interessante, dell’articolo di “The real argument over Amoris is an old one over conscience” di Austen Ivereigh nella parte che riguarda il confronto tra AL e FC

Il cuore del dibattito su Amoris Laetitia non è la dottrina o la legge, ma il ruolo della coscienza.
Mentre è molto chiara nel non voler creare nuove leggi o norme, Amoris Laetitia è altresì molto chiara nell’incoraggiare un atteggiamento nuovo verso chi si trova in situazioni irregolari, passando da avere come obiettivo primario la difesa della legge e dell’istituzione dalla contaminazione a un obiettivo primario di accompagnamento e guarigione delle vittime del divorzio, soprattutto quelle che cercano di integrarsi nella Chiesa.

Come nel caso della donna sorpresa in adulterio, la peccatrice resta peccatrice, ma Gesù la vede anche come una vittima che ha bisogno di aiuto e guarigione. Questa è una logica molto diversa da quella dei dottori della legge, il cui obiettivo primario porta necessariamente a evitarla (e lapidarla) per incoraggiare gli altri.
Ivereigh confronta AL con Familiaris Consortio, dicendo che FC è stata scritta in un tempo molto diverso, quando il divorzio era legale ma non ancora diffuso fra i cattolici in molti paesi; per questo la teologia di FC si mantiene al livello sacramentale e oggettivo.

AL si riferisce molte volte, come FC, al matrimonio come segno dell’alleanza di Cristo con la Chiesa, ma dice che è un’analogia imperfetta, perché due peccatori non possono riprodurre perfettamente l’alleanza di Cristo. Non cogliere questo porta a una posizione rigorista: chi si è messo fuori dal matrimonio è fuori dall’alleanza e quindi fuori dall’Eucaristia. Ma se l’analogia è imperfetta, la semplice distinzione fra chi è dentro e fuori non regge più. Chi ha rotto l’alleanza del matrimonio non è fuori dall’amore di Cristo.

La logica di AL è che la Chiesa deve raggiungere i cristiani che sono in situazioni “non regolari” e cercare di riportarli nel gregge attraverso accompagnamento e discernimento. Ma questo non avviene semplicemente applicando la legge alle persone, ma deve andare oltre la legge, nella realtà della coscienza. Chiama i pastori a formare le coscienze, non sostituirsi ad esse. La coscienze devono essere rispettate come tribunali in cui legge, dottrina e reale situazione individuale devono essere portate insieme e confrontate. In FC invce, il ruolo della coscienza è piccolo e serve solo per comprendere e obbedire alla legge.

AL riprende una tradizionale comprensione della coscienza espressa dal Concilio Vaticano II: essa è il santuario dove la persona è sola con Dio, non un modo di evadere la responsabilità ma di assumerla. Nel processo di discernimento proposto da AL la coscienza deve essere formata e informata e la decisione finale viene raggiunta insieme ad un pastore che conosce la legge e la dottrina della Chiesa. È un processo che avviene non fuori della legge, ma oltre la legge.

C’è chi ha paura che in una società che esalta la coscienza individuale in quanto tribunale soggettivo, impermeabile a idee esterne come la legge e la verità, questo sia come arrendersi al soggettivismo invece è tutt’altro: è il modo cattolico di applicare la legge in modi che rispettano la libertà di agire di Dio. Questo in realtà rende più difficile, anzi impossibile se si legge correttamente AL, per una persona divorziata e risposata decidere da sé senza discernimento con un pastore, la possibilità di ricevere la comunione.

FC dice: questa è la legge, accettala o rifiutala. AL dice: questa è la legge e l’insegnamento della Chiesa; cerchiamo di aiutarti ad applicarla, nel tuo caso specifico, sub specie aeternitatis e con piena conoscenza di tutti gli insegnamenti della Chiesa.

La tesi dei detrattori è che in questa società individualistica sarebbe impossibile evitare un uso scorretto della coscienza; per i fautori l’uso della coscienza a cui AL richiama la Chiesa appartiene al perenne insegnamento della Chiesa e deve essere mantenuto indipendentemente dall’epoca in cui si vive.