MIO Anno II n. 2/ DON MAURO LEONARDI PARLA CON I LETTORI – Aiutare gli altri ci migliora
Mauro Leonardi (Como 1959) è stato ordinato sacerdote dal 29 maggio 1988. Vive a Roma presso l’Elis centro di formazione per la gioventù lavoratrice accanto alla parrocchia di san Giovanni Battista in Collatino. È cappellano del Liceo dell’Accoglienza Safi Elis. Da anni pubblica racconti, articoli, saggi e romanzi. Scrive per Huffington Post, METRO e su ilsussidiario.net. Il suo blog Come Gesù è uno dei più seguiti su internet. Il compenso di questo numero va a una ragazza straniera che userà il denaro per comprare l’abbonamento dell’autobus per recarsi a scuola.
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Ho saputo che a causa del freddo il Papa ha messo a disposizione alcune auto per i senza tetto che non volevano lasciare la strada: mi sembra pazzesco! Non basta che li dobbiamo mantenere? Non capisco questo gesto del pontefice… Giovanna, Bressanone
A me il gesto del Papa ha insegnato diverso cose. La prima è che le persone non ragionano tutte come me e che dobbiamo metterci nei panni dell’altro. I clochard vivono d’elemosina e il motivo per cui preferiscono passare la notte per strada è quello di non abbandonare il posto dove credono di poter mendicare bene durante il giorno: andando via, la mattina dopo quel luogo sarebbe occupato da un altro senza tetto. In secondo luogo imparo che i veri buoni propositi sono quelli che diventano velocemente dei fatti, delle azioni: se sono complicati e astratti spesso svaporano in aria fritta. Un buon proposito è aiutare l’altro come l’altro vuole essere aiutato non come vorrei aiutarlo io. Per farlo, spesso, basta guardare con occhi giusti quello che ho già tra le mani. In questo caso, non si tratta di comprare un auto nuova al povero ma di capire, semplicemente, che invece di tenere la mia in garage posso, per una notte, tenerla in strada. A me questo comportamento del Papa non mi pare diseducativo ma oltremodo educativo: il protagonista della mia azione buona è l’altro e non io. Paradossalmente, se penso all’altro miglioro anch’io: ma il mio obiettivo è il prossimo, non me stesso.