L’Angolo del teologo – Gli equivoci in agguato nel blog

A seguito dei non pochi fraintendimenti a cui è andato incontro il modo con cui avevo presentato il mio ultimo articolo, ho pensato che fosse opportuno proporvi alcune “mie” osservazioni.
Qualche settimana fa su questo blog Sandokan aveva pubblicato una divertente preghiera dalla quale traggo questo verso:

“Signore, […]
Trattieni il mio dito
dalla tastiera che ferisce,
rendi comprensibile l’ardita metafora
e rendimi capace di capire
dove ho scritto
ciò che, in base ai commenti che ricevo,
da qualche parte devo pure aver scritto.”

Di questo verso vorrei evidenziare, tra gli altri, questi elementi: l’ironia e la metafora che talvolta usiamo nello scrivere non sono sempre comprese dagli altri nel contesto che a noi risultava chiaro ed evidente, ed anche uno scritto qualsiasi può dar luogo ad interpretazioni legittime diverse da quelle a cui noi pensavamo.
Faccio un esempio tratto proprio dal mio articolo: a me sembrava evidente che nel parlare di “amore disordinato” si intendesse “amore cattivo o immorale per qualche aspetto”, invece mi sono accorto che altri probabilmente avevano inteso il termine “disordinato” in senso letterale, quindi non necessariamente immorale. Questa ambiguità ha poi portato ad equivoci ed ironie reciproche.
La contestualizzazione di un testo comporta alcuni problemi che sono inevitabili in uno scritto, ma che penso sia importante tenere sempre presenti. Nelle relazioni umane, e non solo, la nostra intelligenza tende ad integrare ciò che viene colto immediatamente dai sensi con ricordi, sensazioni e stati d’animo presenti nella nostra memoria o in noi stessi in quel momento. Penso che tutti ci siamo trovati qualche volta di fronte a disegni che mostrano piccole illusioni ottiche (righe parallele che sembrano curve o cerchi uguali che sembrano diversi). Una cosa analoga succede con le frasi, e ancor più quando sono solo scritte, perché mancando il tono, il gesto e la presenza fisica dell’altro, la nostra mente tende ad integrare per conto proprio, proiettando sull’altro intenzioni, toni e stati d’animo che probabilmente l’altro non ha, soprattutto quando ne manca una conoscenza personale.
Le pre-comprensioni ed i pre-giudizi sono inevitabili: il fatto che nel mio articolo precedente avessi introdotto volutamente un testo senza citarne l’autore, non serviva per fare ironia su chi non se ne fosse accorto, ma per mettere in evidenza la presenza di questi elementi; mi sembrava che fosse più utile farne esperienza, piuttosto che discuterne teoricamente. In un ambito strettamente logico però, le pre-comprensioni ed i pre-giudizi sono elementi che disturbano il ragionamento e per questo il riconoscerli aiuta ad un’impostazione corretta del dialogo, dato che anche in tanti discorsi comuni, che non sono dimostrazioni matematiche, si fa uso della logica.
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Don Sergio Fumagalli è nato nel 1957 ed è diventato presbitero il 21 maggio 2005. Attualmente è vicario nella Parrocchia di San Giovanni Battista in Collatino a Roma. Ha un suo sito

Ricordo che anche per “L’angolo del teologo” vale ciò che vale per ogni Lettera, e cioè che l’autore è l’unico responsabile di quanto ha scritto