L’Huffington Post – Se Papa Francesco spalanca al perdono dell’aborto
“Perché lei può assolvere Totò Riina e non me?”. Me lo chiedeva una donna povera – la chiamo Rita con nome di fantasia – che aveva abortito perché pensava che non ce la faceva proprio a sfamare un figlio in più. E io avevo dovuto spiegarle la lunga trafila che si frapponeva tra la sua richiesta d’assoluzione e quel perdono che la chiesa mi rendeva possibile dare a chiunque, anche a un capo mafioso pluriomicida, ma non a lei.
Avevo cercato di spiegarle nel modo più delicato possibile che avremmo dovuto vederci di nuovo. Perché io nel frattempo – per ovvi motivi non voglio rivelare la città nella quale vivevo (che eravamo negli anni della cattura del famoso capo mafioso si è già capito), avrei dovuto cercare il vescovo o qualcuno che lo rappresentava (il penitenziere della cattedrale per esempio), spiegargli con discrezione la situazione, farmi dare l’adeguata penitenza, e quindi incontrarla di nuovo.
Ma la giovane ragazza con la quale stavo parlando, prima che finissi si era voltata ed era sparita. Mi piacerebbe tanto che mi leggessi oggi e mi scrivessi, Rita. Grazie a Papa Francesco, da oggi, potrei chiederti perdono in un modo più vero.
Perdono, sì, perché è impossibile stare vicino a una donna già straziata da un’interruzione di gravidanza dicendole che è scomunicata. Al di là dell’esatto connotato giuridico, la parola scomunica suona tutt’oggi come una mannaia. Essere scomunicati significa essere ostracizzati, buttati fuori, esclusi.
Grazie a Papa Francesco e alla sua nuova Lettera Apostolica Misericordia et Misera tutto questo oggi non ci sarà più.
Formalmente l’istituto della scomunica rimane vigente ma, in pratica, ne è stato svuotato il contenuto perché tutti i sacerdoti avranno d’ora in poi la facoltà di assolvere dall’aborto. Una volta tanto il detto popolare è assolutamente vero: si chiude una porta, si apre un portone. Ieri la Porta Santa del Giubileo è stata chiusa ma il Papa trova un modo felicissimo per regalare ancor più consolazione e tenerezza.
Si vede che al Papa è accaduto quanto è accaduto a me, che è l’esperienza di ogni prete normale: “perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio”, ecco quello che il Papa ha scritto.
Dopo Rita avevo cercato di spiegare, anche per iscritto, che chi si considerava peccatore per un aborto non poteva essere trattato peggio di un prete pedofilo o di un mafioso. Fino a oggi senza successo. Rita spero che tu sia viva, che tu sia felice, che tu mi legga e che ci possiamo incontrare. Perché il perdono da quella volta devi darmelo tu.