Blog / Inediti del blog | 20 Novembre 2016

Loretta Conte – Il manichino

Un giorno, mentre chiudevo la porta di casa e attraversavo il corridoio per andare nella mia camera , incominciai a parlare di un mio disagio alla mamma che era intenta a sbucciare in cucina le cipolle; i suoi occhi lacrimavano per il bruciore che le cipolle tagliate esalavano un odore acre e penetravano nelle narici . Continuai a parlare mentre mi avviavo verso la mia camera per posare la mia borsa e il giubbino: “ Mamma- oggi tornando dalla scuola, mi sono fermata davanti alla vetrina di un negozio di abbigliamento e per curiosità ho notato che i manichini sia il pupo che la pupa erano entrambi svestiti.” Mia madre era intenta a bagnare la cipolla sotto l’acqua e acuiva l’arrossamento e il bruciore agli occhi stropicciandoli con il dorso della mano sinistra. Avevo la sensazione che lei non mi ascoltasse e che la mia domanda in quel momento le dava un certo fastidio. Pensai tra me che ero stata inopportuna, e avrei provocato una ulteriore rottura della nostra relazione che già da qualche anno, era diventata più fragile poiché con la pubertà sentivo in me delle emozioni che mi rendevano ansiosa e inquieta e avevo la sensazione di non essere capita . Ma la domanda di pupi nudi pronunciata a bruciapelo dalla mia cameretta non mi fece notare il suo disagio causato nel mondare le cipolle. La sua difficoltà era simile alla vicenda di don Chisciotte che combatteva sul suo mulo bianco contro un nemico che non mostrava mai il suo volto. I sui disagi in cucina erano tanti mulini al vento, e contemporaneamente era oppressa da pensieri che emergevano dalla mente mentre cucinava o era alle prese con la pulizia dei fornelli. In quel momento desideravo aiutarla, ma avrei peggiorato la situazione; la mamma parlava di un certa difficoltà ed io di un disagio provocato nell’ osservare i manichini nudi. Pensai “Mia madre è un egocentrica e anch’io lo sono . Ecco ho scoperto che abbiamo qualcosa in comune: la nostra egocentricità ci porta a non essere mature, ma fragili e vulnerabili”-.”Viviamo nella stessa casa ma abbiamo problemi diversi; tutte e due soffriamo di solitudine ,di un vuoto e di sfiducia; quello di non essere comprese e considerate dagli altri”, ”Quale potrebbe essere il motivo che ci fa sentire diverse e incomprese?” -Esprimevo il mio pensiero sommessamente ma lei dalla cucina riusciva a sentire. In quel momento reagii alla consapevolezza di avvertire dentro di me un senso di vuoto, una mancanza di affetto: la mia reazione fu quello di dire con tono alterato:”Basta, non ce la faccio più, ora esco e non so se ritornerò.” Presi il mio giubbino e uscii sbattendo la porta di casa. Passai di nuovo davanti alla vetrina di quel negozio: era una giornata primaverile ,il dolce tepore del sole irradiava il mio viso e riscaldava il mio corpo; un venticello delicato rendeva leggera la mia andatura:” dove sto andando?” Mi fermai dinanzi alla vetrina del negozio di abbigliamento e notai che le commesse stavano vestendo i manichini.
I vestiti estivi erano ancora chiusi nel cellophane e in vari scatoli ; una commessa senza scarpe si apprestava a salire sul piano di appoggio dei manichini infatti si accingeva a preparare la vetrina con una varietà di fiori di plastica dai colori vivaci. La tenda alzata da sottili trecce di corde era di colore bianco tenue; la vetrina veniva completata con alcune borse colorate che richiamavano i colori dei vestiti esposti. Restai incantata nel guardare quel bazar di tinte variopinte con sfumature diverse che richiamavano i colori del cielo primaverile. Osservai la commessa che sollevava da sola il corpo esile e ben fatto della pupa e lo deponeva accanto allo scatolone.
La commessa si apprestò a scegliere il vestito più bello e di stoffa pregiata.
Vi era un vestito a giacca in lino di colore rosa antico che si addiceva perfettamente a quel manichino dal corpo esile con capelli di color bruno-castano, un viso bellissimo con un nasino all’insù, uno sguardo dolce e attraente e una bocca sensuale. La commessa, dopo averla vestita appuntando sul corpo esile diversi spilli, aveva dato un poco di colorito al viso abbronzandolo appena e passando del rossetto sulle labbra. La pupa era pronta per mostrarsi al pubblico e la commessa appoggiò il suo braccio destro intorno al vitino della pupa sollevandolo da terra di mezzo metro e adagiandolo sul piano della vetrina, mentre la sua collega l’aiutava con le sue braccia fino a fissare la pupa sulla ruota di ferro. La commessa, molto disinvolta anche lei nel mostrarsi al pubblico, fissò la pupa e finì col dare gli ultimi ritocchi al vestito, e sui capelli appoggiò un cappello nero di paglia con una banda a cerchio. Mi fermai a guardare affascinata la pupa con il suo vestito rosa e non riuscivo a calmare le confuse emozioni che si agitavano come stormi di uccelli nel mio cuore. Mi piaceva davvero quella vetrina e non so se mi attirasse di più lo sguardo e la bocca sensuale della pupa o il vestito a giacca,che avrei voluto regalare alla mamma per fare pace. Avevo il naso schiacciato sulla vetrina e contemporaneamente appoggiai il palmo della mia mano sulla fronte per fare ombra al mio sguardo stupito della bellezza del manichino e per eliminare i riflessi della strada sulla vetrina. Lo sguardo dolce del manichino e la sua bocca rosa mi ricordavano mia madre. Sì mia madre! Sembrava una copia perfetta di mia madre, per il suo viso attraente con il naso all’insù e del portamento ritto ed elegante!Quel vestito color “rosa antico “ indossato dal manichino era perfetto e senza una piega. Mi avrebbe fatto piacere vederlo indossato da mia madre anch’ella figura esile e leggiadra. Mia madre vestendo quell’abito avrebbe attirato gli sguardi su di sé: “Ecco ciò che le avrebbe fatto piacere: essere presa in considerazione come desiderava sin da piccola nel profondo del cuore. Tutto ciò l’avrebbe trasformata in una donna seducente e piena di fascino, ma vuota, sola e chiusa nel suo egoismo! Quando invece è una donna semplice,profonda e generosa.”“Questi sentimenti contrastanti rendono mia madre vulnerabile e irrequieta! La sua voglia di fare, di essere, la sua vivacità frenetica la rendono insoddisfatta e la spingono alla continua ricerca di emozioni e vicende nuove che riescono a colmare il senso di vuoto, di solitudine e mancanza di autostima. “Mia madre deve trovare il suo equilibrio interiore e contemporaneamente far emergere il suo carattere dolce ancora chiuso nello scrigno del suo cuore”“Ho deciso di aiutarla. ma in che modo?”-Lentamente mi avviai verso casa allontanandomi dal negozio di abbigliamento. Era bello passeggiare lungo il viale alberato e pieno di fiori,il venticello soave e delicato trasportava dolcemente il profumo dei fiori alle narici mentre giungeva alle mie orecchie la musica dolce suonata da uno strumento di un’artista di strada. “Oh. mio Dio! -quale sublime pace lasci che ora,penetri nella profondità del mio cuore rendendo quieto e generoso il mio spirito che poco prima era contrastato da pensieri confusi perdendomi nell’abisso del mio nulla!La dolce musica, il profumo dei fiori ,il venticello fresco colmavano di beatitudine la mia anima facendomi pensare al male che avrei provocato a mia madre se avessi ascoltato il mio istinto di andare via di casa” . Mi sedetti su di una panchina e incominciai a fantasticare pensando a come avrei potuto aiutarla :”Mi farebbe piacere comprare quel vestito per donarlo a mia madre e sarei felice di avere in prestito il manichino che potrei vestire con i suoi panni di casa . Adagerei la pupa sul mio divanetto e dialogherei con lei ad alta voce ,lasciando la porta socchiusa per attrarre l’ attenzione e la curiosità di mia madre. Il mio dialogo con la pupa dovrà apparire normale perché dovrà essere la chiave che aprirà i nostri cuori indifferenti e chiusi. Mi accorsi che si era fatto tardi , lungo la strada l’eco della melodia si allontanava rapidamente dalla mia mente mentre nel mio cuore mi accorsi che si era aperta una breccia, un soffio di vita che penetrava con gioia e speranza aiutandomi a migliorare la relazione con mia madre.
Le luci della strada come i miei pensieri illuminavano i miei passi e l’ ombra di me stessa riflessa sui muri aveva fatto un passo indietro.