Blog / Don Sergio Fumagalli | 11 Novembre 2016

Le Lettere di don Sergio – Natura e contro-natura II

Questo articolo è la prosecuzione di altri due articoli apparsi su questo blog: Il primo “Etica ragionata” ed il secondo “Natura e contro-natura”.

Nei due articoli precedenti avevamo già affermato:
1. Che gli atti eterosessuali e gli atti omosessuali sono diversi;
2. Che il termine “natura”, in morale, è inteso in senso metafisico, come “l’essenza stessa di un ente considerata in quanto principio delle sue operazioni specifiche”.
Una prima evidenza che penso non abbia bisogno di molte spiegazioni è quella di riconoscere che la congiunzione carnale tra persone di sesso opposto (quindi un maschio e una femmina) è l’atto che la nostra natura prevede per la procreazione.
“Non si può decostruire l’essenziale, ma solamente costruirgli accanto un simulacro […] L’essenza, in questo caso, corrisponde al dato di natura […]. Etimologicamente la natura viene pensata a partire dalla nascita, non dalla costruzione. In greco “natura” si dice “physis” e physis viene dal verbo phyein, che significa “apparire da una profondità nascosta” o, più semplicemente “manifestarsi”. Il naturale (o l’essenziale) è ciò che ritorna al galoppo quando lo si scaccia, è ciò che si manifesta nostro malgrado e talvolta contro di noi, quando abbiamo preteso di negarlo. […] Di fatto, ciò non si manifesta per le strade, si manifesta in noi, nelle nostre mutande, ci piaccia o no; si manifesta pure in chiesa e in una serata LGBT, si manifesta attraverso la barba di un frate cappuccino, e attraverso le tette di una Femen. Perché non si manifestasse, bisognerebbe essere un angelo.” (Fabrice Hadjadj – Ma che cos’è una famiglia? – Ares – 2015)
Che la sessualità umana sia intrinsecamente orientata verso la procreazione è “il fatto” innegabile, punto di partenza per valutare la bontà di questi atti. Se all’esercizio della sessualità mancasse la finalità procreativa sarebbe come organizzare un banchetto con tutti gli ornamenti possibili sulla tavola e nella casa, magari anche la musica, ma senza servire alcun cibo: con invitati affamati sarebbe una grande beffa. L’edonismo attuale spinge molti ad essere come (procreativamente) anoressici, che si divertono a banchettare senza cibo o che lo vomitano dopo aver mangiato.
A partire dalla realtà biologica della procreazione inserita nella dignità di persona dell’uomo e della donna, si scopre come la loro unione richieda una donazione personale, libera, volontaria, rispettosa, paziente, stabile, sostenuta da emozioni, sentimenti, passioni, gesti e relazioni orientate al bene reciproco e dei figli (se ci sono): quello che si dice “l’amore coniugale”, che non è il solo innamoramento iniziale. Se la congiunzione carnale eterosessuale mancasse di qualcuna delle caratteristiche adeguate alla dignità delle persone, non sarebbe più moralmente buona. Potrei portare molti esempi per chiarire questo punto.
Se il fondamento fisico dell’amore coniugale è la differenza sessuale orientata alla procreazione, il processo inverso, di partire da un “innamoramento” per arrivare a giustificare congiunzioni carnali intrinsecamente non procreative, e quindi inadatte a diventare “amore coniugale”, costituisce un’illusione che ha ricadute psicologiche, antropologiche, familiari e sociali, non solo sui diretti interessati, ma su tutte le persone che hanno relazioni con loro.

Chiamare “amore” un atto omosessuale solo a partire da ciò che prova la persona, senza guardare al significato intrinseco e fisico del gesto, significa: o illudersi che il proprio desiderio possa magicamente cambiare una realtà che è diversa, oppure dare seguito ad una pulsione che si ritiene irrefrenabile, anche se si riconosce essere disordinata rispetto alla propria realtà biologica. A questo riguardo è importante soffermarsi a considerare l’ampiezza e la ricchezza delle potenzialità della nostra natura razionale e sensibile: pensieri, desideri, ricordi, sentimenti, passioni, che spesso non riescono ad essere pienamente sottomessi alla volontà, ma che una personalità equilibrata dovrebbe desiderare di orientare, non al conseguimento di un proprio appagamento arbitrario, ma al ragionevole rispetto della realtà che si vuole amare. Quando si parla di orientamento o tendenza sessuale si vuole indicare un certo insieme di sentimenti o desideri che si provano spontaneamente verso persone dell’altro sesso o del proprio, ma questi moti, ancora involontari, non cambiano la natura della persona (intesa in senso metafisico); queste tendenze possono essere più o meno radicate e difficili da sottomettere alla volontà libera, ma questo problema si manifesta in molti ambiti della sensibilità (alcoolismo, droga, cibi, fumo, ecc …), e delle relazioni umane (antipatie, invidie, gelosie, ecc …), non solo nella sessualità omo- o etero-.
(Riguardo alla citazione di Vito Mancuso fatta da Pierri). Avevo già spiegato che (ad esempio) essere cieco è “naturale”, nel senso che può succedere, ma “non naturale” da un punto di vista metafisico, perché non appartiene all’essenza dell’uomo. Penso che nessuno di noi direbbe a un cieco: “Non preoccuparti perché la tua cecità è una variante naturale della vista, e ora per farti compagnia anch’io mi cavo gli occhi”. E comunque, da sempre, per la morale, tutto ciò che è involontario è anche incolpevole; la responsabilità morale comincia con l’assenso volontario.

Talvolta, per giustificare la “naturalezza” degli atti omosessuali, si è ricorsi al fatto che questi si danno anche tra alcune specie animali. Ma, a parte il fatto che, in tal caso, si usa il termine “naturale” con un senso diverso da quello metafisico, si deve anche considerare che spesso, tra gli animali, tali gesti non hanno affatto un significato di “amore”, ma di sottomissione, di un maschio, al maschio dominante. In questo stesso senso (cioè perché succedono in natura) sarebbero “naturali” anche l’omicidio, il cannibalismo, la selezione dei piccoli, la lotta per il predomino, ecc …
La qualifica di “contro-natura” assegnata agli atti omosessuali riguarda la deviazione del fine proprio attribuito dalla nostra natura umana alla sessualità, che è intrinsecamente orientata alla procreazione (che è il “luogo” nel quale ogni uomo si “origina”, dove si trasmette la nostra “natura”). Esistono anche altri atti disordinati nell’ambito della procreazione (onanismo, contraccezione, ecc …), ma il loro disordine non è così radicale (ma non cambierebbe molto il fatto di attribuire o no questo nome). La qualifica di contro-natura comunque non riguarda tutti quei gesti di affetto, di amicizia, di comprensione, di sostegno e di aiuto reciproco che si possono dare tra due persone qualsiasi, anche dello stesso sesso.
In senso lato moltissimi disordini morali sono contrari alla morale naturale, e quindi in certo senso contro-natura, ma, come ho detto sopra, nel caso degli atti omosessuali c’è un motivo specifico. Ed è lo stesso motivo per il quale questo disordine non è un disordine qualsiasi, ma grave, poiché riguarda non solo l’ambito più intimo della persona, ma sconvolge anche l’ordine familiare e sociale. Per quali motivi la Chiesa ritiene che gli atti omosessuali siano un peccato grave? La nozione di peccato grave è una nozione religiosa, diversa da quella di disordine morale grave: ma quest’ultima questione riguarda il rapporto tra fede e ragione, e questo argomento non può essere liquidato in due battute.

P.S.: La citazione dal libro di Hadjadj, come quella dell’articolo precedente, è tolta da un contesto più ampio, il cui argomento è quello che dà il titolo al libro, ma i due testi citati sono utilizzati solo per supportare gli argomenti di questi articoli.

Ricordo che anche per “L’angolo del teologo” vale ciò che vale per ogni Lettera, e cioè che l’autore è l’unico responsabile di quanto ha scritto