Lettere di Renato Pierri – Padre Graziano. Il celibato non è il grande accusato
“Non cerchiamo alibi: ad uccidere è stato padre Graziano, non il suo celibato”, questo il titolo di un articolo apparso su L’Huffington Post, a firma del prete e scrittore Mauro Leonardi. Leggo: «Quando i reati “passionali” hanno come protagonisti frati, preti e suore c’è sempre un secondo accusato. Uno che viene condannato sempre e che diventa il vero colpevole quand’anche, come in questo caso, vengono dichiarati colpevoli i frati, i preti e le suore: questo grande accusato è il celibato, cioè il fatto che i preti non si sposano». Ora, a me pare non accada mai che qualcuno veda nel celibato la causa di delitti ad opera di preti e frati. E tanto meno questo potrebbe accadere riguardo al crimine di padre Graziano che aveva una relazione con una donna sposata, e che se sembra abbia avuto relazioni con altre donne, una delle quali prostituta. Di norma si tira in ballo il celibato quando vengono alla luce amori nascosti di preti e suore, o quando si scoprono reati di pedofilia all’interno della Chiesa cattolica. Don Leonardi continua: «E così gli omicidi non si guardano più col nome e il cognome di chi li ha commessi ma dal punto di vista che “celibe è troppo”. Troppo da vivere, troppo da portare, troppo da sopportare». Ma dove ha mai sentito o letto corbellerie del genere don Mauro? Che il prete uccide perché il celibato è pesante da sopportare? Altro passo dell’articolo: «Se scendiamo dal mondo siderale dei concetti e atterriamo nella realtà delle pareti domestiche e della vita quotidiana dobbiamo riconoscere che può essere infinitamente più complicata e difficile la vita di una persona sposata che di una celibe. Uccidiamo gli idealismi e rendiamoci conto che un celibe può, se vuole, farsi infinitamente meglio gli “affari suoi” (anche in senso negativo) di una persona sposata». E’ ovvio, se si parla semplicemente di una persona celibe. Diverso è il discorso se si parla di una persona tenuta al celibato e che dà “scandalo” nella chiesa, se ha un’amante. Infine: «Se il celibato non è scelto liberamente può essere davvero “squilibrante” ma è la mancanza di libertà il problema, non il celibato». Giusto. Vale la pena ricordare, però, che la scelta del celibato non dovrebbe essere una condizione indispensabile per diventare sacerdoti. Un giovane tutto preso dalle cose di Dio, diventando prete, può essere certo di voler abbracciare il celibato. Ma nella vita si cambia, scelte che abbiamo fatto a vent’anni, magari non le rifaremmo a quaranta, o cinquant’anni. Può accadere che un sacerdote s’innamori perdutamente di una donna, e tornare indietro, abbandonare la tonaca non è sempre facile. Ma nel momento in cui s’innamora perdutamente di una donna, anche se non la frequenta, già non si dedica più al Signore col “cuore indiviso”.
Elisa Merlo