Articoli / Blog | 16 Agosto 2016

L’HuffPost – Ettore Bernabei, uomo buono

Se ai funerali di Ettore Bernabei togli i politici e gli uomini della politica, togli gli uomini dello spettacolo, i vescovi, le autorità, i monsignori, che cosa rimane? C’è il grossissimo rischio che rimanga il puro nulla: per questo, spesso, le personalità pubbliche vogliono che l’ultimo saluto avvenga in forma “strettamente privata”. Mi viene in mente, per esempio, Francesco Cossiga. Anche lui morto al Gemelli, anche lui morto a ferragosto, anche lui protagonista della stessa Italia di Bernabei. Il grande sardo volle i funerali a Sassari, in forma privata, privatissima, quasi segreta.

Ettore Bernabei invece, con la sua famiglia, ha voluto correre il rischio di fare una cosa normale, vera, privata, personale, stando con tutti e due i piedi dentro una situazione straordinaria, pubblica, con la copertura mediatica di tutti i Tg e dei media. Un elemento su tutti è la scelta della chiesa: la Basilica di Sant’Eugenio, notoriamente affidata all’Opus Dei di cui Bernabei faceva parte. Con il piccolo particolare, però, che Sant’Eugenio era anche semplicemente la sua parrocchia: la parrocchia di uno degli italiani più importanti per una certa fase della storia italiana. Abitava lì vicino, ci andava tutti i giorni a Messa, a quella dell’una e un quarto. Cosa avrebbero detto, cosa diranno, quali complotti, quali intrighi saranno stati immaginati, dietro il fatto semplicissimo che uno si fa fare il funerale nella sua parrocchia? A Bernabei queste chiacchiere non importavano. Era la verità nuda e cruda: la verità si sarebbe fatta strada. Ciascuno sarebbe stato libero di pensarla come voleva.

Avviene così che se al funerale di un uomo buono che è stato anche un uomo importante se togli le riprese televisive, le foto dei giornali, le parole ufficiali, i nomi noti, quelli che non potevano non esserci, cosa rimane? Rimane un uomo buono. E per quest’uomo buono si è pianto al funerale; lui mancherà e già manca alla famiglia e agli amici. Mancherà il padre che vuole figli e nipoti il più possibile vicino, con sé, intorno. E non si sa come faceva perché i figli erano otto, i nipoti diciassette e i bisnipoti altri otto. Mancherà il nonno con cui stare a tavola qualche minuto in più, che valli a tenere fermi gli adolescenti o i bambini quando sei al mare. Manca l’uomo con i soldi sempre pronti in tasca per poter riempire qualche mano vuota. Lo ha raccontato un figlio, che nel portafoglio gli hanno trovato – contate – non so quante banconote di piccolo taglio e monetine per l’elemosina spicciola, quella da fare quando cammini per strada.

Se a un funerale in pompa magna togli la pompa magna, cosa rimane? Rimangono le lacrime, i silenzi e le preghiere insieme. Se togli da una famiglia un uomo buono, un padre, un nonno, cosa rimane? Rimane la famiglia, i figli e i nipoti e tante cose da ricordare e da vivere ancora.

In queste ore, leggendo e vedendo tante cose su di lui, forse a causa di un colpo di sole, rivedevo Russell Crowe quando ne Il Gladiatore dice: “Qualunque cosa esca da quei cancelli avremo maggiore possibilità di sopravvivere se combatteremo uniti, avete capito? Se saremo uniti, sopravviveremo”. E capisco ora perché l’elogio della sua famiglia – elogio di una famiglia normale che vive una vita non normale – è stato il segreto del suo lavoro, della sua politica e della sua vita.

Tratto da HuffPost

Foto: Ettore Bernabei è con l’ultimo nipote, Pietro, all’Argentario il giorno 10 agosto 2016