Amoris Laetitia / Blog / Rocco Buttiglione | 04 Agosto 2016

Amoris Laetitia – Rocco Buttiglione risponde a Robert Gahl

Rocco Buttiglione ha letto sul blog Come Gesù l’articolo di Robert A. Gahl che critica il suo saggio su Amoris Laetitia e replica con queste riflessioni.

Caro don Mauro,
Ho letto dal tuo blog l’articolo di R.Gahl e, onestamente, non mi ha convinto.
Sostanzialmente Gahl dice: nel momento in cui il penitente confessa un comportamento che costituisce materia grave di peccato, commesso senza avere piena coscienza e deliberato consenso, il confessore gli spiegherà la dottrina della Chiesa su quel problema particolare e rifiuterà di impartirgli l’assoluzione se egli non si impegnerà per il futuro ad evitare quel comportamento. In un certo senso non vi sarebbe nessuna differenza rispetto ad un peccato commesso con piena avvertenza e deliberato consenso.
A me sembra che questa risposta non consideri adeguatamente la dottrina di S.Pio V che è poi da sempre la dottrina della Chiesa.

In primo luogo sembra che Gahl non consideri adeguatamente il ruolo della coscienza. È sufficiente che il confessore enunci un principio perché si possa dare per scontato che la coscienza è stata sufficientemente illuminata? Forse no. Il card. Newman ha fatto una distinzione illuminante fra un assenso meramente nozionale ed un assenso reale della coscienza. È possibile che il penitente non comprenda o non accetti l’ammonizione del confessore e rifiuti di promettere che, nella medesima situazione, non si comporterà di nuovo nel medesimo modo. La coscienza sarà illuminata solo nel momento in cui essa avrà dato un assenso reale. Che fare se il penitente non da un assenso reale alla ammonizione del confessore?
È chiaro che in questo caso il penitente può essere in grazia di Dio anche se il confessore gli rifiuta l’assoluzione. Il confessore può però rifiutare l’assoluzione se pensa che questo sia uno strumento che sollecita il penitente ad una riflessione più approfondita che lo porti al riconoscimento della verità oggettiva. È, questa, una strategia pastorale legittima. Può però essere una strategia pastorale altrettanto legittima il dare l’assoluzione impegnando il penitente a continuare una riflessione comune, naturalmente dopo avere controllato che l’obiezione di coscienza sia onesta e non fittizia. Ci sarà un sacrilegio se il penitente che riceve l’assoluzione in queste condizioni riceve la comunione? No, perché il penitente è giudicato dalla propria coscienza e quindi, nel caso in questione, è in grazia di Dio.

In secondo luogo Gahl non considera affatto la seconda parte delle condizioni soggettive del peccato: il deliberato consenso.
È possibile che una persona riconosca che ciò che ha fatto è sbagliato e tuttavia si trovi in una situazione di dipendenza psicologica, economica, fisica o di altra natura che non le permette di promettere con verità che in futuro eviterà un certo comportamento immorale. Pensate ad una persona che soffra una forma grave di nevrosi o, peggio, di psicosi. Pensate ad una donna dipendente economicamente in modo totale insieme con i suoi figli da un uomo che non è suo marito. Pensate ad una donna che ha creato con un uomo che non è suo marito un tessuto affettivo ed emotivo di amore e di sostegno reciproco in cui i figli crescono e fioriscono. Diremo a questa donna di lasciare il suo uomo? Ella ha l’obbligo morale di evitare rapporti sessuali fuori del matrimonio ma ha anche l’obbligo di non gettare nella disperazione e nella miseria i suoi figli ed anche un uomo che, magari in modo sbagliato, la ama.
Il confessore non le dirà che va bene così ma forse non le rifiuterà l’assoluzione se essa si impegnerà a trovare una via d’uscita dalla situazione di peccato nella quale si trova.
Forse la inviterà ad affrontare con il suo uomo il problema dicendogli che vuole essere sposata e costituire una famiglia regolare. Se il suo uomo è già sposato forse la inviterà ad affrontare il problema con lui spiegandogli che lo ama ma crede che Dio li chiami ad una forma di amore particolarmente difficile in cui non c’è posto per i rapporti sessuali.
Non sarà facile e non avverrà da un giorno all’altro.
Non stiamo dicendo che ci sono situazioni in cui c’è solo la scelta fra un peccato ed un altro. Con l’aiuto della grazia di Dio c’è sempre una via d’uscita per osservare interamente la legge di Dio. Noi però spesso ci mettiamo del tempo per trovarla. Che farà in questo tempo il confessore? Anche qui avrà la scelta fra due strategia pastorali egualmente legittime. Se la situazione è tale da comprimere davvero in modo irresistibile
la libertà della persona essa è in grazia di Dio perché manca l’elemento soggettivo del peccato mortale. Ciò non vuol dire che il rifiuto della assoluzione non possa essere un modo efficace di spingerla sul cammino della liberazione dai vincoli nei quali si trova.

È preferibile la prima o la seconda strategia pastorale? Non lo so. So che a decidere deve essere la autorità legittima: i sacerdoti, i vescovi, il Papa. Non è in discussione la teologia del matrimonio e nemmeno quella del sacramento. È una questione pastorale e di disciplina ecclesiastica. In ogni caso non dimentichiamo che la legge è per l’uomo e non l’uomo per la legge. Un padre sa che deve essere talvolta severo e talvolta misericordioso se vuole educare il figlio ed accompagnarlo verso la piena maturità umana e cristiana. E ogni volta si domanda se ha fatto la scelta giusta o la scelta sbagliata, se è stato severo quando invece doveva essere misericordioso o misericordioso quando invece doveva essere severo. Per fortuna nella famiglia c’è un padre ed una madre e ci si possono dividere i ruoli e gli interventi. Per il confessore è ancora più difficile perché deve essere al tempo stesso padre e madre. Ha però una particolare assistenza dello Spirito Santo attraverso il sacramento dell’ordine.
Per fortuna, perché ne ha davvero bisogno.

Rocco Buttiglione

Ps. Chiedo scusa se mi sono permesso di dare qualche consiglio ai confessori, essendo solo un povero laico. Ho però studiato il mio S.Tommaso ed ho una certa esperienza della confessione, ovviamente da penitente.