Le Lettere di Sandokan – Aspettative
«Papà, l’amore finisce?»
La guardo mentre mi interroga, per capire quale risposta le posso dare. Non chiede mai per curiosità e io non voglio darle risposte indiscrete, non voglio risolvere i suoi problemi, come se io sapessi cosa deve farne dei suoi sentimenti. Ma non posso tacere, perché vuole sapere qualcosa di me.
«Non ho mai conosciuto due persone che dessero all’amore lo stesso significato. Con la loro vita intendo, non con le parole. Forse perché l’amore non è un concetto. Anch’io penso oggi dell’amore cose diverse da quelle che pensavo due anni fa, o forse due minuti fa. L’amore che conoscevo due anni fa, è finito».
«E allora?»
«Allora quando due persone dicono di amarsi, di solito intendono cose diverse. Hanno differenti attese, l’uno dall’altro, e manifestano il loro amore in modo differente».
«Vuoi dire che c’è chi ama di più e chi ama di meno?».
«Questo non lo so. A volte può essere così. Ma non sempre. Sempre invece, le differenze comportano piccole sofferenze. Alcuni credono di risolvere tutto spiegando, parlandosi. Una volta pure io credevo che si conversasse essenzialmente per risolvere problemi. Adesso non più. Intendo dire che non considero utile spiegare il mio desiderio a nessuno, perché non intendo indurre comportamenti o imporre regole di convivenza. Il prezzo che pagherò lasciando l’altro libero di trascurare i miei desideri sarà un po’ di sofferenza, che però devo accettare: non posso obbligare nessuno a cambiare il suo desiderio uniformandolo al mio, perché tutto questo non servirebbe ad amarsi di più. Però provando ad amarsi si cambia, inevitabilmente».
«Che poi non è detto che il suo desiderio sia peggiore del mio. E perché si conversa allora?».
«Consideriamo due persone sposate. Due persone sposate devono aver cura l’uno dell’altro e devono preoccuparsi della loro famiglia: bisogna badare alla casa, fare la spesa, accompagnare i figli a scuola, bisogna giocare con loro, bisogna fare l’amore (si, è anche un piacere, lo so, ma rientra nelle cose che “bisogna” fare, col tempo capirai), bisogna lavorare per mantenere un giusto tenore di vita, bisogna curare le malattie. L’elenco potrebbe continuare. Certamente, per realizzare al meglio tutto questo bisogna parlarsi spesso, confrontarsi, decidere. E’ ciò che “bisogna fare” che avvicina gli sposi. Ma io non chiamo tutto questo “conversare”. Se tutto ciò che “bisogna fare” un bel giorno non si dovesse fare più o si alleggerisse di molto, per i casi della vita, gli sposi di cosa converserebbero? Si cercherebbero?».
«Non lo so. Spero di sì».
«Lo spero anch’io. Lo sai che penso? Che a volte i “doveri” – quello che “bisogna fare” – siano il riposo di chi dice di amarsi. Che i “doveri” servano per respirare: ho stirato, ho cucinato, ho giocato con i figli, ho fatto l’amore, ho passeggiato … si può fare tutto questo senza fare la fatica di “cercarsi” (perché tutto sembra a portata di mano: il coniuge e i figli vivono con noi, nella nostra casa), perché il dovere comunque unisce. Senza “doveri”, cercarsi diventa tutto».
«Anche i “doveri” comportano fatica».
«Sì, e io apprezzo quella fatica. Che però è più riposante del cercarsi sul serio. Non voglio conversare per “dovere”, non voglio cercare nessuno per “dovere”. L’amore senza “doveri” non ha su cosa poggiare per riposare. Il riposo può essere solo l’amato. Ma lui vuole essere il mio riposo? E io, voglio essere il suo riposo?».
«Che vuol dire essere il riposo di un altro?».
«Vuol dire che non hai voglia di lasciarlo mai, perché con nessun altro stai meglio che con lui. Vuol dire che da lui inizia e finisce ogni tua giornata, che custodisce ogni tuo pensiero, che lo cerchi in ogni cosa che ti accade: per sorridere, per farti coraggio, per tranquillizzarti, per tutto. Sa tutto senza chiederti niente. Non risolve niente della tua vita però tu lo aspetti sempre, lo cerchi sempre, lo guardi sempre, anche quando non c’è. Con te non deve misurare le parole, perché ogni cosa che dici la capisce secondo il senso che vuoi dargli tu. A volte neanche serve parlare».
«E a te è mai capitata una cosa del genere?».
«Non capita mai a due persone contemporaneamente. Per questo a un certo punto si sparisce».
«Si sparisce?»
«Una specie di arrivederci, anche se è difficile sparire senza rancore, senza rimpianto per quello che poteva essere e non è stato.
Non intendo dire che ci si separa, non necessariamente anche se a volte succede. Ci si allontana. Pensavo all’Ascensione al Cielo di Gesù. Lui vuole essere il tuo riposo, ma tu? Cosa vuoi essere tu per Lui? A un certo punto chi ama arriva a svelarsi così tanto da non aver più nulla da spiegare con le parole, con la sua presenza, con i suoi atti. Cosa può fare, di più, per te. Vorrebbe essere il tuo riposo, ma tu non vuoi: tu vuoi chiacchierare, vuoi andare alle feste, incontrare gente, vuoi pensare a lui quando hai tempo, quando ne hai voglia. E allora sparisce, per farsi cercare. L’amore, col tempo, diventa discreto».
«Saluta il suo vecchio amore e aspetta il suo amore nuovo, che sei sempre tu».
«Forse. Ma non sa se ritornerai a lui. Ci sono tante cose da fare nel mondo, tante persone da conoscere. Chi perde tempo oramai a cercare chi è sparito? Solo qualcuno a cui manca proprio lui e non uno come lui. Perché nessuno è come lui. Di questo ti vuole convincere comportandosi come se non ci fosse nessuno come te: proprio con te, che ti paragoni sempre a questo o a quello».
«Papà, sono più confusa di prima».
«Forse è stata un po’ colpa mia, che tendo a divagare e a complicare le cose. Forse dipende anche dalle tua aspettative su di me. Lo sai, io disattendo aspettative».
Ride. Ogni discorso dovrebbe terminare con un sorriso.