Avvenire – Il vescovo di Orano Jean – Paul Vesco: le relazioni tra omosessuali devono essere prese sul serio di Luciano Moia
Stefano70 ci segnala questa interessante intervista presa dalla pagina 18 di Avvenire del 9 marzo 2016 che ha il titolo di Nuovi Percorsi ecclesiastici per omosessuali. Questa intervista al vescovo di Orano Jean – Paul Vesco ha il titolo “Nella chiesa nessuno deve sentirsi escluso ed è di Luciano Moia
Chiesa, omosessualità, amore, castità, diritti, indissolubilità. Temi impegnativi che, nell’anno della misericordia, il vescovo di Orano, in Algeria, Jean-Paul Vesco, affronta in modo franco, con la consapevolezza di quanto prescrive la dottrina ma anche del nuovo atteggiamento di accoglienza e di apertura sollecitato da papa Francesco.
Domenicano per vocazione, avvocato per formazione, monsignor Vesco ha pubblicato nei mesi scorsi un libro, Ogni amore vero è indissolubile, (Queriniana, pag.109, euro 119) che ha suscitato non poche sorprese, per il suo approccio originale al problema dell’amore indissolubile in rapporto ai divorziati risposati. Ora allarga la riflessione alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Chiesa e omosessualità. Quale dovrebbe essere l’atteggiamento corretto?
Per la Chiesa non si pone il problema di “concedere diritti”. La Chiesa deve aprire le sue braccia e accogliere le persone senza condizioni. Quando un ragazzo, in una famiglia, rivela la sua omosessualità, la domanda per i genitori, per i nonni, non è di sapere se questa scelta è buona o sbagliata, se bisogna essere a favore o sono contro. La questione rimane quella di amare comunque, così com’è , il proprio figlio o nipote, di non giudicare. E offrire così tesori di intelligenza e di comprensione. Sogno che possa essere così nella Chiesa, che è una famiglia da cui nessuno deve sentirsi escluso.
Per la morale cattolica l’esercizio della sessualità, tra omosessuali rimane, come recita il catechismo, un “disordine oggettivo”. Pensa che questa posizione dovrebbe essere riformulata?
Oggettivamente i rapporti sessuali sono guidati dalla complementarietà dei corpi e dei cuori, quello maschile e quello femminile. È in questa complementarietà che nasce e si sviluppa un bambino. La formulazione del Catechismo, certamente difficile da accettare, non dice nient’altro. Ma questo, dal punto di vista soggettivo, può rappresentare un ostacolo per una vita affettiva esigente e fedele in cui si può cogliere quell’amore bello e autentico che tutti sognano? Il confronto con la realtà mostra che questo esiste, e che è possibile.
Pensa che sia giusto aprire all’adozione per le coppie omosessuali?
Questo è il punto critico. Naturalmente una relazione omosessuale non può prevedere la procreazione. È un dato di fatto. È anche chiaro che una coppia omosessuale possa offrire abbastanza amore per dare sollievo a un bambino adottato, gli esempi sono lì a mostrarlo, tutti conosciamo certamente dei casi. Ma, di fronte a un bambino voluto e progettato in vista dell’adozione da parte di coppie omosessuali, bisogna dire no. In questo passo si concentrano tutte le confusioni e tutte le manipolazioni che riguardano la procreazione. E questo mette in discussione il futuro dell’umanità.
Come comprendere l’amore omosessuale? Qualcuno ha prospettato anche per questi legami un significato di indissolubilità. È possibile ipotizzarlo?
Vediamo di capire bene il rapporto tra indissolubilità e matrimonio. L’indissolubilità è stata così caricata di peso teologico che ci si dimentica del significato originario. Il suo primo significato è che un amore umano, in cui davvero una persona impegna tutta se stessa, tutto il proprio essere, crea un legame definitivo che non si dissolve nella separazione. Un amore così segna tutta la nostra vita. Questo è il motivo per cui l’amore è una cosa “pericolosa”, e che una persona deve prestare attenzione a ciò che fa con il suo corpo e il suo cuore. Nella teologia cattolica non è il sacramento che rende il matrimonio indissolubile, ma l’amore che si promettono gli sposi. Il sacramento dà particolare forza all’indissolubilità, che è già presente, e la consacra. Sacramento del matrimonio e indissolubilità hanno dunque un legame di causalità reciproca, ma sono realtà di ordine differente.
Quindi non si può parlare di amore omosessuale indissolubile?
È possibile prendere sul serio una relazione omosessuale stabile e fedele, affermando però allo stesso tempo che è di natura diversa rispetto al matrimonio sacramentale tra un uomo e una donna, naturalmente orientato verso la procreazione. Ma questo non significa escludere che una relazione omosessuale possa avere caratteristiche di indissolubilità.
Non si tratta di una conclusione teologicamente rischiosa?
Rifiutando di ammettere che due persone omosessuali possono unire la loro vita in modo indissolubile, significa offrire a queste persone solo la possibilità di scegliere tra relazioni senza futuro o una castità intesa come astinenza dalle relazioni sessuali. Questa astinenza, per alcuni, può certamente essere intesa come vocazione. Ma se la Chiesa non ha che l’astinenza sessuale da proporre come modello virtuoso agli omosessuali, c’è il forte rischio che la dottrina sia salva ma che le 99 pecorelle del gregge siano abbandonate a se stesse, senza che nessun pastore abbia preso su di sé il loro odore.
E quindi cosa propone?
Quindi mi chiedo: gli omosessuali non hanno il diritto alla sfida della castità coniugale intesa come dono di sé all’altro nella fedeltà? Questa è una domanda seria.
Crede che la pastorale sia pronta a raccogliere questa sfida?
L’accoglienza delle persone omosessuali è una sfida che bussa alla porta di tutte le chiese del mondo, in ogni continente. Ed è un peccato che non sia stato possibile affrontare il problema con calma all’interno del Sinodo sulla famiglia. Non era forse ancora il momento giusto, ma lo è indubbiamente, e in modo davvero urgente, per le società civili.
Una persona cauta, equilibrata, che sa proporre bene la questione dell’omosessualità. Grazie Stefano 70.
La chiesa non chiede l’astinenza solo agli omosessuali,ma ai consacrati,ai fidanzati e agli sposati in relazione ai rapporti che escludono la vita.Capisco che la chiesa deve prendere atto e rispettare le migliori intenzioni di tutti,ma far credere che le unioni legali hanno valori assimilabili a un matrimonio,significa illudete le persone.La chiesa ha il dovere di accogliere nella chiarezza accompagnando un percorso fatto di cadute e vittorie ogni peccatore.Non è che per salvare e accogliereun ladro gli dice,visto che non c’è la fai,rubi ma poco e di rado.
Un altro che pensa che le persone che, coerentemente con le premesse poste e fiducioso nell’aiuto del Signore, vivono la castità (sia che si tratti di divorziati/separati, sia che si tratti di persone con tendenze oggettivamente disordinate) sono tipi un po’ strani, eccentrici, poco aperti alle moderne conquiste del pensiero. Persone da ammirare, forse, eroi, ma non semplicemente persone che vivono i comandamenti.
L’intera pagina 18 di Avvenire del 9 marzo è molto interessante. Il vescovo non dà delle soluzioni ma pone dei problemi. È questo che dà fastidio?
Si don.Mauro come fai tu uguale!!si aspettano che tu condanni e ti schieri!non lo hai fatto e ti odiano.Mi è piaciuto tanto ha posto quesiti perche la Chiesa è chiusa a queste domande.Molto belle le sue parole di amore ed accoglienza!!quello che da un mese non abbiamo fatto che scrivere su questo blog ai famylini!!quello che ti sei sgolato a gridare scrivendo RI§PETTO ed AMORE ma che pochi hanno capito.Bellissimo articolo grazie a Stefano 70
Mi dà “fastidio” (per usare il linguaggio di don Mauro) questa frase:
“Questa astinenza, per alcuni, può certamente essere intesa come vocazione” con quel che segue in termini di “proposta” (???)
Per alcuni? Vocazione? Ma io sono basito! L’astinenza al di fuori dei rapporti coniugali sacramentali non è una “vocazione” è un semplice precetto, un comandamento, siamo al primo livello. La vocazione appartiene alla sfera del di più, del non necessario, del dono. Non è obbligatorio essere sacerdoti, religiosi, padri e madri di famiglia, non è obbligatorio il martirio, la donazione di sé, il dare tutto ai poveri. E per questo qui si può correttamente parlare di “vocazione”: uno ce l’ha e un altro no. Ma come si fa a dire che chi non è sposato o ha tendenze oggettivamente disordinate “può avere la vocazione” (e quindi anche non averla) alla continenza. E’ un pre-cet-to, vale per tutti, non per “alcuni”. Poi mi si potrà dire che anche i comandamenti possono in alcuni momenti, o sempre, risultare gravosi e richiedere impegno, ma non una “vocazione”.
E’ un equivoco grosso grosso, che purtroppo si sta diffondendo.
molto molto interessante! Grazie Stefano70.
Mi è piaciuta la riflessione sulla distinzione fra indissolubilità e sacramento del matrimonio.
Per Sonia
“La chiesa non chiede l’astinenza solo agli omosessuali,ma ai consacrati,ai fidanzati e agli sposati in relazione ai rapporti che escludono la vita.”.
E capisce la differenza, vero Sonia? Capisce la differenza tra chiedere l’astinenza ai consacrati che scelgono la vita di consacrati, ai fidanzati (fino a che non saranno sposati),agli sposati solo quando…, e chiedere agli omosessuali di rinunciare all’esercizio della sessualità per tutta la vita? Capisce la differenza, vero Sonia? Capisce che gli sposini possono scambiarsi mille tenerezze, e anche i fidanzatini possono scambiarsi mille tenerezze, e invece gli omosessuali secondo l’amorevole Chiesa sarebbero costretti a fare vita da consacrati anche se consacrati non sono?
Ma è questione di tempo. La ragione e la giustizia finiranno per prevalere. E questione di tempo. Fino a poco tempo fa un articolo del genere non sarebbe mai stato pubblicato da Avvenire.
Credi, Renato? L’Avvenire d’Italia del tuo amico Raniero LaValle già negli anni ’60 pubblicava ben di peggio.
Speriamo che non ci presenti anche questo tra qualche tempo il suo fidanzato, come quel polacco all’inizio del Sinodo.
La parte dell’intervista che spiega tutto il resto è quando il vescovo dice: ” … c’è il forte rischio che la dottrina sia salva ma che le 99 pecorelle del gregge siano abbandonate a se stesse, senza che nessun pastore abbia preso su di sé il loro odore.”
Se non si capisce questo punto di partenza, non si capisce perché i pastori non si limitino a ripetere quello che si è sempre detto. In fin dei conti, le persone omosessuali non sono nate ieri: se la Chiesa sta cercando di rispondere in modo nuovo è perché lo Spirito Santo glielo sta chiedendo.
La discussione prosegue sotto il post di Stefano70 – Il ponte con il popolo dei non credenti