Blog / Sandokan | 04 Febbraio 2016

Le lettere di Sandokan – Essere se stessi

Cosa vuol dire esattamente essere “se stessi”?
Non è che la risposta sia così scontata. C’è per esempio chi sostiene che la persona sia “creatura” e che quindi esista un “creatore” che ne definisce il senso, creandolo e vivendogli accanto. Essere “se stessi” significa rispettare il senso che la creatura ha per il suo creatore. Il problema è che su quale sia questo “senso” non è che ci sia accordo unanime. Per non parlare di chi non crede affatto che esista un creatore.
E allora che si fa? Nel disaccordo intendo dire.
Prendiamo un comandamento a caso, uno sul quale c’è unanime consenso o quasi: “non rubare”. Un ladro è se stesso se ruba o se non ruba?
Uno potrebbe dire che un ladro che non ruba non può dirsi, a rigore, “ladro”. Ma siamo sicuri che tutto questo sia vero? Siamo sicuri che non esistano a questo mondo ladri che non rubano? Magari c’è gente che ha paura di finire in galera, semplicemente. Oppure che non ne ha mai avuto l’occasione. Un “ladro in spirito”, senza refurtiva al momento.
Ecco, se uno è un “ladro in spirito”, siamo sicuri che la cosa migliore che lui possa fare sia non rubare? Un ladro è “vero” se ruba, penso io. Se non ruba, pensa di non essere un ladro. Per cui essere se stesso, per un ladro, significa rubare. O no?
Diciamoci la verità, i ladri veri sono più simpatici dei ladri in spirito. E io vorrei incoraggiare i ladri “in spirito” a rubare. Non sto dicendo che rubare sia un bene, non mi importa qui dire cosa è bene. Sto invitando un ladro a essere se stesso, a essere “vero”.
Ma non è peccato, rubare? E come può essere “vero” chi commette peccati? La sua vita non è conforme ai piani del suo Creatore, qualcuno potrebbe obiettare, e quindi vive nella menzogna. Sono ragionamenti che riesco a capire fino a un certo punto, vi confesso. Non siamo tutti peccatori? E come possiamo essere peccatori senza commettere peccati? Non è una menzogna non rubare, per un ladro?
Abbandoniamo al loro destino i ladri che non rubano e concentriamo la nostra attenzione sui ladri “veri”, che sono “se stessi” sempre, i ladri che, quando loro capita, rubano. Certo fanno piangere un po’ di gente a causa delle loro azioni, ma lo sanno. Non è che li volessero far ridere. Non volevano il bene del loro prossimo. Volevano farli piangere e ci riescono perfettamente, per il loro tornaconto. Vivono secondo ciò che sono e corrono i loro rischi.
Di che tipo di consenso sociale godono i ladri “veri”?
Non è che siano apprezzatissimi da coloro che derubano, questo è certo. Ma di questo loro se ne fregano e si godono la vita alle Seychelles – i più in gamba, s’intende – con i soldi degli altri. I ladri “in spirito”, che normalmente passano la vita a definire con chiarezza cosa sia un furto perché tutti li apprezzino per gli sforzi che essi fanno a non rubare (e anche per poter chiamare legittimo compenso qualche piccolo furtarello che capita loro di compiere, d’altra parte nessuno è perfetto), poi non danno loro tregua: sono peccatori e pagheranno un giorno per i loro peccati, urlano dal pulpito che sono riusciti a guadagnarsi con le loro fatiche.
E’ nobile questa loro indignazione, anche se sotto sotto alcuni si sentono un po’ sfigati per la vita che si trovano a vivere. Lo fareste anche voi se foste ladri in spirito. Vi pare giusto che i ladri “veri” se la godano alle Seychelles mentre a voi, ladri in spirito, tocca un monolocale senza aria condizionata a Milano Marittima? E il vostro premio per esservi sforzati di non rubare quale sarebbe? Milano marittima? Si, d’accordo, un giorno in Cielo avrete aureola e alette. Ma ora? Neanche Riccione potete permettervi.
Gli anni poi passano e gli attriti si acuiscono. E i “ladri in spirito”, invece di compatire quelli che loro stessi considerano ladri – se è vero che “non rubare” è un comandamento di Dio, non dev’essere così bello vivere alle Seychelles coi soldi degli altri, almeno così dovrebbe essere secondo la fede che professano – finiscono per odiare il furto. E vogliono che, quanto meno, si sequestri ai ladri veri la villa a Malibù. Li vogliono spedire in ferie a Ladispoli. Per senso di giustizia.
Ma il mondo è bello perché è vario. E c’è un modo per uscirne. Dovete sapere che a questo mondo esistono i “non ladri” veri. Quelli che non rubano perché non sono ladri. E i ladri “veri” i “non ladri” veri li riconoscono subito. Perchè questi ultimi non li invidiano per la villa a Malibù. O per i loro sorrisi sulle labbra. Riescono a parlarsi. Si mostrano volentieri. E’ come se l’essere se stessi in vite radicalmente diverse fosse servito a prepararli a quest’incontro.
Per questo motivo le prostitute riconoscono Gesù (alcune almeno) mentre i farisei non lo risconoscono (alcuni almeno). Non perché sia necessario prostituirsi, ma perché la prostituta sa chi è, nella carne, mentre il fariseo sa chi è solo in spirito.
Chi sa “chi è” riconosce subito chi è diverso da lui.