
Le Lettere dal carcere – Lettere fra le sbarre di un ergastolano
Oggi ho ricevuto una lettera da un compagno ergastolano con questa frase che mi ha fatto amaramente sorridere: “Qui è sempre la solita vita, stiamo bene se lasciamo ogni speranza di stare meglio”. (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com)
La corrispondenza per i prigionieri è l’unico filo che li lega con il mondo esterno, per questo io scrivo molto, perché dove arrivano le mie lettere c’è la vita ed io in tutti i modi cerco di entrare in contatto con il mondo dei vivi. E infatti la domenica in carcere è un giorno più brutto degli altri, perché non arriva la posta.
Le lettere per un detenuto sono un piccolissimo angolo di libertà, una specie di cibo per l’anima e un mezzo per non sentirsi dimenticati o abbandonati. Questa settimana ho ricevuto queste due belle lettere di un compagno ergastolano e di un’amica di penna ed ho deciso di renderle pubbliche.
Caro Carmelo ciao, condivido pienamente che qui dentro la cosa più importante sia imparare a sopravvivere, perché tutto ti annienta, ti elimina, ti fa sentire una trottola che gira sbilenca perché sbatte sui pregiudizi, sulla repressione, su mentalità pregiudizievole. C’è un detto di Max, che recita: “I detenuti sono il passatempo dei perbenisti”. È vero! In realtà siamo la valvola di sfogo, ci trattano con un’imparità sociale pari alla nullità dell’essere umano. Grazie a Dio, e alla tua tenacia, sei tornato nel mondo dei vivi, ma sai benissimo che le tue battaglie non sono finite. Inizieranno quelle con una società disturbata dai tantissimi problemi economici e lavorativi. Credo che tu con la tua indole potresti dare un contributo di fiducia verso i giovani che smettono di lottare molto presto. La tua storia, il tuo trascorso sarebbe importante per un richiamo a non arrendersi mai. Anch’io della sofferenza ho fatto un’arte costruttiva, in questi ventitré anni non ho fatto altro che rianimare i cuori di tantissimi nostri compagni, affinché non siano visti come fantasmi. Ne ho visti tantissimi arrendersi, altri arrendersi alla vita terrena. Chissà forse essi vivono liberi in un’altra realtà. Essendo che non vi è certezza di vita oltre quella che stiamo vivendo, bella o brutta, vale la pena di viverla, e lottare sempre.
Cambiando discorso, ho saputo che lì a Padova vogliono togliere la sezione AS. Pure qui devono fare dei lavori e siamo in attesa per capire cosa faranno per trasferirci. Come già sai Pasquale è stato trasferito ad Oristano, spero bene per lui.
Un caro abbraccio.
Marcello.
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L’ultima volta che ti ho scritto non sapevo ancora che ti fosse stato accordato di non essere più considerato come “ostativo” (non farò mai pace con questa parola). L’ho saputo pochissimi giorni dopo, e ne sono stata davvero molto felice. Se non ti ho risposto subito, non ho però mai smesso di visitare il tuo blog quasi quotidianamente, e leggere dei tuoi giorni da uomo libero: ancora più bello è stato bello vedere una tua foto sotto un cielo azzurro, davanti a una fontana, con il sorriso di un uomo felice. Tempo fa avevo letto nel tuo blog che disperavi di avere mai la libertà di andare in un bar a prenderti un caffè forte. Mi era rimasta impressa questa frase. E ora leggo che hai sentito il rumore delle tazzine e dei bicchieri del bar. Non sai come mi emoziona sapere che hai ottenuto, stai ottenendo, quello che da molti anni desideri con tutto te stesso. Certo, non è ancora la piena libertà. Ma è un grande risultato, che dà speranza a tutti quelli che forse in questo momento non ne hanno, sapere che la tua lotta incomincia a essere ricompensata. D’altra parte immagino anche come sia complicato il processo di tornare alla libertà, anche solo per pochi giorni. Dopo tanti anni di carcere, mi dicevi nell’ultima lettera, è difficile abituarsi all’idea di poter uscire. Forse fa un po’ di paura. Non deve essere automatico smontare i meccanismi mentali che ti sei creato per proteggerti. Ma sei uscito dal carcere vero. Ora spero che riuscirai col tempo a uscire anche dal tuo carcere privato, quello che ti sei creato per lottare contro l’Assassino dei Sogni. In fondo, con te, pare proprio che non ci siano riusciti ad ucciderti i sogni. Volevo anche dirti che “L’Urlo di un uomo ombra” è uno dei libri più intensi che abbia mai letto. A differenza di molti dei tuoi lettori, non sono riuscita a leggerlo tutto d’un fiato, ho dovuto interrompere a ogni capitolo, tornare indietro, riprenderlo, accettarlo. Ho dovuto lavorare di cuore, e mi sono chiesta cosa ti sia costato scriverlo. È molto bello. Ti ringrazio per tutto quello che scrivi e che accetti di condividere con noi. Ti abbraccio e ti ricordo nella preghiera. Con tanto affetto,
Lorenza.
Carmelo Musumeci – Carcere di Padova 2015