Blog / Sandokan | 05 Novembre 2015

Le lettere di Sandokan – Non ti preoccupare

 

«Pronto? Ciao. Come va? Volevo dirti che ti verrò a prendere in aeroporto. Che piacere che avrò a rivederti. A che ora arriverai?».

«Ah, non verrai. Sì, capisco. Il corso di yoga, il compleanno di tua cugina, l’ansia del viaggio, i bambini, un sacco di problemi che non puoi lasciare in mano ad altri. Mi dispiace. Comunque va bene. Non ti scusare. Non ti preoccupare. Ci vedremo in un altro momento, quando potrai, quando sarai più tranquilla».

«No, no. Che frase è “se tu vuoi io vengo lo stesso”? Non mi pare una cosa da dire. Se la metti così ti dico subito che “non voglio”. Sennò l’ansia ce l’ho io. A volere ciò che tu non vuoi. No, no … ascolta … non voglio aggiungermi alle tante cose da fare che hai. Mi levo subito. Non ti preoccupare. No, non sono arrabbiato. Mi dispiace un po’, ma pazienza. Ci vedremo più in là».

Faccio fatica a prendere sonno. Mi metto a contare tutti i “non ti preoccupare” che ho distribuito, per i più svariati motivi, a destra e a manca, in tutta la mia vita. Un sacco di gente e di situazioni si riaffacciano alla mia memoria. Al trecentesimo spengo la luce e mi addormento.

Non è stato un conteggio inutile. Al mattino mi sveglio lucido. Deciso a dare una svolta alle mie giornate. Incline a solenni propositi. Mi guardo allo specchio mentre mi rado e mi dico che ieri è stata l’ultima volta. Mai più. Cancellerò l’espressione “non ti preoccupare” dal mio frasario.

Poi mi tranquillizzo. «Non ti preoccupare», mi dico «sei sempre lo stesso di ieri».

Non ci faccio caso, lì per lì, ma d’un tratto rimango fulminato: «Cazzo, l’ho detto un’altra volta. L’ho detto a me stesso. Non ce la farò mai. Non subito almeno. Sarà l’istinto. Anni di “non ti preoccupare” non si cancellano di colpo. Ci vorrà qualche mesetto».

Quando mi infilo i pantaloni i miei pensieri cominciano a prendere forma, diventano “opponibili a terzi” come dice mia moglie. E’ una fortuna, perché mi arriva un WhatsApp di chi sapete voi che mi chiede la lettera del giovedì per il blog. E’ instancabile quell’uomo.

E allora apro la pagina bianca di Word, mentre riscaldo il latte nel fornello in attesa che si sveglino tutti, e metto nero su bianco i miei pensieri notturni. Li mischio con la mia telefonata di ieri e con i miei anni passati chiedere a tutti di non preoccuparsi di me sperando che non mi dessero retta.

Basta. Voglio smetterla di distribuire tranquillanti. Il moderatore non lo voglio più fare. Voglio fare l’animatore, creare casini.

No, no … avete capito male. Voglio dire che non mi sono spiegato bene, non vi innervosite. Non sto provando a dirvi di preoccuparvi per me, da oggi in poi. Non vi voglio condizionare. Ma perché suggerire? Decidete voi, d’ora in avanti.

Si, d’accordo, forse sto esagerando. Sono partito in quarta come al solito. “Creare casini” è un po’ forte come espressione. Diciamo allora che non è vero, non vi voglio creare casini, non subito almeno. Quindi non vi preoccupate. Per cominciare, per farvi abituare a ciò che sto per diventare, diciamo che da principio mi limiterò a non evitarveli i casini, togliendomi di mezzo. Resterò fisso davanti a voi. A intralciarvi la strada. Se non suonate il clacson, io non mi levo.

Non dite niente. Me ne sono accorto anch’io. L’ho scritto di nuovo. E’ più difficile di quanto m’immaginassi. Uno fa un proposito e gli sembra di inchiodarlo sulla pietra. Ma poi l’abitudine lo frega.

Vabbé, non ci scoraggiamo.

Volete sapere perché non voglio più dirvi di non preoccuparvi? Perché questi impeti di generosità mi hanno sempre fottuto fino ad oggi. Sono cose che dicevo per fare il grand’uomo. Ma voi c’avete creduto davvero e poi finiva che voi non vi preoccupavate davvero di me e allora io ci rimanevo male.

 

 

 

Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!