Le Lettere di Sandokan – Eta Beta
Ma come, siamo nel XXI secolo, nell’era del trionfo della tecnologia e state ancora a parlare d’amore? Basta parlare soltanto d’amore, che la gente si appisola.
C’è anche Eta Beta a questo mondo e non soltanto George Clooney o don Mauro. Eta Beta merita rispetto. Non ho mai letto un suo sonetto rivolto all’amata, è vero. Però ha una borsa in cui si trova di tutto. Portarsela appresso un po’ gli peserà. Non è che si diverta ad andarsene in giro col coltellino svizzero o col tagliaerbe tascabile.
Sì, posso capire che una serata a lume di candela con Jude Law o con padre Brown abbia il suo fascino. Ma se vi serve improvvisamente una pinza? O qualcuno che vi sviti il barattolo dei pomodori? O che prenoti al ristorante? E’ Eta Beta l’uomo che sognate, datemi retta.
Uno dice: vabbé, non si vive di solo pane. L’amore ci vuole.
Ma voi l’avete capito cos’è l’«amore»? Ognuno dice la sua. Invece cos’è un «cacciavite» è più chiaro. Ed Eta Beta non solo ve lo descrive a perfezione: ce l’ha in borsa. Certo, non è mai quello che vi serve esattamente. A voi serviva il cacciavite a taglio mentre lui ce l’ha a croce, ma è sempre meglio di niente.
L’«amore» ha questo difetto: non fa parte del Sistema Internazionale di unità di misura. Sono ingegnere e queste cose le so. Dire «ti amo» è come dire «ci vediamo tra un po’»: non ha mai per te lo stesso significato che ha per l’altro.
Non che non si possa dire «ci vediamo tra un po’»: ma tra «un po’» quanto?
È come dire «oggi mi sono alzata all’alba per preparare la colazione ai miei tesori». È «amore» questo? Dipende. Se vivi in Norvegia e siamo a dicembre è «pigrizia», altroché.
E poi l’«amore», a lungo andare vi fa venire l’ansia. Vivere senza sistemi di riferimento è difficile. Un sistema di riferimento inerziale vi serve: vi torna utile sapere dov’è la fermata dell’autobus, dov’è il cassonetto più vicino, a che ora parte il treno per Milano, ma anche avere qualcuno che prenoti il ristorante, e che poi si possa sempre rimproverare quando qualcosa non va. O qualcuno a cui telefonare quando l’ex-pugile che avete tamponato si rifiuta di firmare la constatazione amichevole dell’incidente assumendosi tutte le responsabilità. L’ex-pugile non vi ama, d’altra parte, mentre vostro marito dovrebbe, anche se non ha mai fatto pugilato perché sua madre l’ha cresciuto nella bambagia.
Avere qualcuno a cui dare la colpa nella vita è indispensabile. Non vorrete cazziare George Clooney o don Mauro per caso? Non si può. Non è bello. Non si può cazziare l’«amore», invece il marito sì. Sta lì apposta.
Lui c’è sempre. Lui è l’origine degli assi cartesiani del vostro mondo. Con la sua valigetta degli attrezzi, con le sue certezze elementari, col suo bagaglio di conoscenze tecniche che non sanno nulla dell’«amore». Si mette paura quando lo intontite di discorsi. Dategli da fissare una mensola col trapano in salotto e siate clementi se l’intonaco si sbriciola un po’, perché forse è amore avere l’intonaco sbriciolato alle pareti. Forse.
Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!