Le Lettere di Sandokan – Oddio, questo mi ha scritto un altro articolo
La situazione non è semplice. Averci l’innamorato in casa, intendo. O nel blog.
Chi ha avuto un figlio inebetito da una quindicenne sa che cosa intendo. Sguardi fissi nel vuoto, consumi anomali di bagnoschiuma, assurde pretese che si acquistino dentifrici all’essenza di tiglio perché lei, la quindicenne, se ne frega della lotta al tartaro: lo vuole profumato.
Sembra una piantana da salotto, il figlio inebetito, che si accende solo quando si parla di lei: quant’è bella lei, come mi capisce, mi ha insegnato a vivere, a dare senso ai miei giorni, che belle parole che dice, mi rapisce i pensieri e gli dà forma di parole, per poi restituirmeli di nuovo.
E tu stai lì, davanti alla piantana, a privare di senso la sua vita con la tua presenza, a parlargli di carie e a insultarlo propinandogli saponi a ph neutro. E a preparargli pranzi e cene. Solo vitto e alloggio sei capace di dargli, stronzo come sei. Gli fai pena, soprattutto quando gli parli di cose tue. Ma chi sei tu? Sei solo quello che lo mantiene. Ma lui vuole di più. Vuole essere mantenuto a distanza, tramite bonifico: come fai a non capirlo? Sei vecchio. Giri ancora col contante.
Ora noi del blog ci troviamo in queste assurde condizioni. Abbiamo il nostro faro, la nostra guida, che s’è innamorato del Papa. Ogni mattina alle sette mi sveglia con un WhatsApp sul Papa: “Cosa vede il Papa quando un uomo sbaglia”, “Francesco, prima la vita poi le definizioni”, “Il Papa contro Godzilla”, “Tutti insieme col Papa, appassionatamente” …
Un giorno non me l’ha mandato e mi sono preoccupato. L’ho chiamato: “Tutto bene? Non è che avete litigato? Non puoi fare così. Lui è il Papa, non può dare retta solo a te”.
Ad aggravare la situazione si mette in mezzo gente che gli dà corda, nel blog. D’altra parte pure in casa la madre sta quasi sempre dalla parte del figlio inebetito, almeno fino a quando la quindicenne smette di essere un concetto astratto e comincia a circolare per casa, o raggiunge la maggiore età.
Ogni tanto perdo la pazienza, lo ammetto, e mi arrabbio con lui. Ma poi mi fa tenerezza, che volete che vi dica, ho le mie debolezze. E così i discorsi sul Papa li apro io, con lui, ogni tanto. Accendo la piantana. Gli mostro una foto dove c’è anche il Papa e gli faccio: “chi è quello vestito di bianco?”. Lo faccio per farlo sorridere, per dargli anche modo di dire qualche parola sul suo vestito. Voleva scrivere un articolo, sapete? “Il Papa mi ha insegnato a indossare la talare”, così lo voleva intitolare.
Lui mi guarda quando lo sollecito con simili facezie e mi dice: “Scemo che sei, quello vestito di bianco è il Papa. Com’è bello il Papa”. E io lo accarezzo, che devo fare, e mi lascio convincere: “Vabbé, domani lo puoi scrivere un articolo sul Papa. Di una paginetta però, che poi c’hai da fare altre cose, hai da ascoltare le persone”.
Si va avanti così, giorno per giorno, sperando che passi. Sperando pure che non molli il Papa e s’innamori di Urbano VIII o di Pio III, perché io foto da mostrargli di questi due non ce ne ho.
Vabbé, buona giornata. Bisogna aver pazienza. E’ come Pinocchio, un pezzo di legno, ma un giorno diventerà un bambino vero, tra un innamoramento e un altro.