Le Lettere di Sandokan – Innamorati
Osservare due fidanzati che si parlano, che si ascoltano, è un piacere. Cercano sempre un motivo per darsi ragione a vicenda, un’occasione per vedersi, per toccarsi, per aiutarsi tenendosi per mano. E motivi, e occasioni, li trovano sempre. Sono innamorati. Neanche la volgarità – che appare spesso nella vita, per quanti sforzi ciascuno faccia per sostituire alcuni frammenti di parole con dei puntini, per mettere la cattiveria nei sottintesi o nei gesti di cortesia, per nascondere le nudità con dei vestiti – impedisce loro di sorridersi e di abbracciarsi.
Penso che forse un giorno, quando quei fidanzati saranno sposi, tutto questo potrebbe passare. Quando ci si guarda da vicino tutti i giorni accade sempre che la volgarità ridiventi volgare e che le ragioni si nascondano tra i torti.
Di quei momenti della vita da fidanzati, nel matrimonio, si ha nostalgia. Era una situazione irrealistica, direte voi. E avreste ragione. Eravate innamorati senza sapere nemmeno perché e tutto il mondo era trasfigurato, come era trasfigurato Gesù sul Tabor: esistevate solo voi due. Poi siete scesi dal Tabor per cercarvi l’amore vero (che è diverso dall’innamoramento, ve l’hanno spiegato genitori, preti, amici … tanti) e non lo avete trovato, non come sarebbe piaciuto a voi.
Allora avete chiesto aiuto a chi pensavate potesse darvelo e avete trovato soltanto qualcuno che, per salvare il vostro matrimonio, vi ha invitato a rassegnarvi alla realtà, al fatto che gli uomini sono fatti così e le donne cosà per esempio, o al fatto che la felicità su questa terra non esiste (ma voi eravate felici da innamorati). E dopo un tale aiuto, tutto comincia a sembrarvi ancora più volgare di com’era prima. E’ volgare ciò a cui ci si deve rassegnare. Non si può amare una realtà da rassegnati, ma solo da innamorati. E invece vi suggeriscono di dimenticarvi della vostra vita passata, del vostro innamoramento traditore che vi ha “incastrato” nel vostro matrimonio. Vi dicono che non era amore. Ma allora cos’era? Una cosa di cui vergognarsi? Una ingenuità di ragazzi?
Il vostro nemico a poco a poco diventa la realtà, la vostra realtà, che si trasforma in una gabbia che include anche il vostro futuro e nella quale vi ha fatto entrare – oramai ne siete sempre più convinti – un passato di inganni, ancora più tremendi perché dolcissimi. Alcuni provano ad adattarsi a vivere in gabbia. Una gabbia che abbelliscono con pretese, fiori, cerimonie e cortesie, rimandando la speranza all’irrealtà (ossia a tutto ciò che non è il vostro presente e il vostro futuro prossimo). Altri (i più deboli?) pensano che forse è meglio riazzerare tutto e ricominciare da capo.
La realtà diventa nemica quando smette di essere solo “presente”, ma diventa anche “futuro”. A che serve una realtà fatta così per me, oggi? Una realtà che non può cambiare, nella quale il tempo che passa è solo il tempo che manca alla fine? Nulla esiste al di fuori di una realtà fatta così, se non i nostri sogni, che mai i fatti della vita avranno il potere di mettere in discussione. La realtà di fatto diventa una parentesi irrilevante, da cui è meglio fuggire il più presto possibile. I nostri sogni invece diventano una possibilità, una speranza.
La realtà può dare all’innamoramento un futuro. La possibilità di migliorare abbracci e sguardi, pensieri e parole, carezze e baci. E desideri. Lo può fare se diventa la vera guida della nostra vita (perché l’ha fatta Dio), la guida che dà forma ai nostri innamoramenti senza mortificarli. E’ la realtà che spinge verso luoghi che mai avremmo pensato di attraversare, mentre i nostri sogni sono soltanto viaggi con meta a catalogo. E Dio non c’è tra le mete di Alpitour.
Ciò che l’innamoramento regala alla realtà è il Tabor, cioè la forza di fidarci della realtà, perché per un istante, nella vita di alcuni, il Tabor è stato realtà.