Blog / Papa Francesco | 29 Giugno 2015

Papa Francesco – Omelia nella Solennità dei Ss. Pietro e Paolo (2015)

La certezza è che nessun Erode, tra i tanti che la “affliggono”, “annienterà mai la Chiesa”. Ai cristiani, e prima di tutto ai loro pastori, è chiesta una “testimonianza convincente” della loro fede, attraverso la vita e la preghiera. Lo ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa solenne dei Santi Pietro e Paolo, durante la quale ha benedetto il pallio consegnato ai nuovi arcivescovi metropoliti. Come da tradizione, alla celebrazione ha partecipato una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, salutata con affetto dal Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Pietro buttato in una cella, incatenato, piantonato da una cerchia di soldati come il peggiore e più pericoloso dei criminali e sullo sfondo una esecuzione che Erode evidentemente progetta per stroncare un gruppo inviso a una parte del popolo. Sembra la fine di quel breve inizio scaturito dalla Pentecoste, la piccola Chiesa che esce a vita pubblica per annunciare il Vangelo e si ritrova crudelmente perseguitata. E invece quell’inizio è destinato ad avere un futuro ultramillenario perché, afferma Francesco all’omelia, “Dio non toglie mai i suoi figli dal mondo o dal male, ma dona loro la forza per vincerli”:

“Quante forze, lungo la storia, hanno cercato – e cercano – di annientare la Chiesa, sia dall’esterno sia dall’interno, ma vengono tutte annientate e la Chiesa rimane viva e feconda!, rimane inspiegabilmente salda (…) Tutto passa, solo Dio resta. Infatti, sono passati regni, popoli, culture, nazioni, ideologie, potenze, ma la Chiesa, fondata su Cristo, nonostante le tante tempeste e i molti peccati nostri, rimane fedele al deposito della fede nel servizio, perché la Chiesa non è dei Papi, dei vescovi, dei preti e neppure dei fedeli, è solo e soltanto di Cristo”.

Un angelo sempre vicino
La constatazione di Francesco è il cuore di una riflessione cominciata nel ricordo delle “atroci, disumane e inspiegabili persecuzioni” che, ripete una volta ancora, sono “purtroppo ancora oggi presenti in tante parti del mondo, spesso sotto gli occhi e nel silenzio di tutti”. Ma la Messa dei Santi Pietro e Paolo è la Messa della roccia e del fuoco, delle due colonne che reggono l’edificio della Chiesa. Ed è la Messa degli arcivescovi metropoliti che ricevono il pallio benedetto dal Papa, il segno del Buon Pastore sulle spalle che li sollecita a essere, al pari dei due grandi Apostoli, “maestri di fede” attraverso la vita. E prima ancora, indica il Francesco, maestri di preghiera, come quella “incessante” che i primi cristiani levarono a Dio guadagnando per Pietro il miracolo di un angelo che lo liberasse dal carcere:

“Pensiamo a quante volte il Signore ha esaudito la nostra preghiera inviandoci un Angelo? Quell’Angelo che inaspettatamente ci viene incontro per tirarci fuori da situazioni difficili. Per strapparci dalle mani della morte e del maligno; per indicarci la via smarrita; per riaccendere in noi la fiamma della speranza; per donarci una carezza; per consolare il nostro cuore affranto; per svegliarci dal sonno esistenziale; o semplicemente per dirci: ‘Non sei solo’”.

O testimoni di Cristo o morti che pensano di essere vivi
Un richiamo alla preghiera, dunque, e alla fede che non cede alle persecuzioni: questo raccontano le vite di Pietro e Paolo. E parlano di un terzo richiamo, “alla testimonianza”, dimostrato – rimarca il Papa – da venti secoli di storie di martiri e di santi:

“Una Chiesa o un cristiano senza testimonianza è sterile; un morto che pensa di essere vivo; un albero secco che non dà frutto; un pozzo arido che non dà acqua! La Chiesa ha vinto il male grazie alla testimonianza coraggiosa, concreta e umile dei suoi figli”.

Insegnate il coraggio della fede
A questo punto Francesco rivolge uno sguardo al semicerchio dei nuovi metropoliti, quasi a incidere le esortazioni che sta per rivolgere:

“La Chiesa vi vuole uomini di fede, maestri di fede: che insegnino ai fedeli a non aver paura dei tanti Erode che affliggono con persecuzioni, con croci di ogni genere. Nessun Erode è in grado di spegnere la luce della speranza, della fede e della carità di colui che crede in Cristo!”.

Maestri di coerenza
“Non c’è testimonianza senza una vita coerente”, continua a ripetere il Papa, spronando i presuli schierati davanti all’altare a insegnare al popolo che “la liberazione da tutte le prigionie è soltanto opera di Dio e frutto della preghiera”:

“Oggi non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della sua Croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo (…) La cosa è tanto semplice: perché la testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri! Cari fratelli, insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!”.