Il diario di Paci – 82. L’amore senza nome
Amo le telefonate con lui.
Quelle brevi, che ho imparato ad ascoltare e dire solo “pronto, dimmi”, e poi attaccare.
Amo le telefonate con lui.
Quelle lunghe, quelle in macchina, col filo che pende, con le orecchie e la voce per me.
E gli occhi per la strada.
Che perde l’incrocio, che perde il parcheggio, che perde il benzinaio.
E dice “aspetta, riattacco e poi ti richiamo”.
Amo le telefonate per dirmi che si è incazzato per cose che neanche so.
E sarebbe troppo lungo raccontarle ma tanto lo ascolto ugualmente.
Perché di tutto quello che gli accade, la cosa che più mi interessa è lui.
Come sta.
Quello che gli succede.
Quello mi interessa.
Amo le telefonate che mi fa perché gli serve qualcosa.
Perché amare non è solo sospirarsi ma prendere quello che serve, pure sapere che c’è qualcuno che è per te, tasche comprese.
Come quando eri piccolo e le tasche dei cappotti appesi sembravano apposta all’altezza delle tue mani.
Perché c’è un prendere che non è rubare ma sapere che sei amato. Sempre. Con tutto.
Amo le telefonate che fa solo per sentirci.
Che dico “dimmi” e dice “niente”.
Ho imparato a rispettare quelle telefonate.
Prima le tenevo in mano a lungo.
Non le volevo lasciare.
Ho dovuto imparare anche a ricevere i regali.
Regali come queste telefonate senza perché.
Anzi col perché più bello: telefonare perché non si può stare insieme in quel momento.
O anche solo per farmi piacere.
Le briciole di un amore, sono sempre amore.
Non le spreco.
Ho imparato a godermele.
Amo quelle telefonate che sono solo tecniche, “di lavoro”, credo che si dica.
Ecco, le amo.
Perché amarsi è anche fare cose insieme, costruire.
Non è solo fare figli, famiglia.
A volte l’amore prende strade strane, diverse.
A volte l’amore fa figli che non sono bambini.
Mi capisci, Stella?
Tu mi dici che sono l’unica ad avere un amante senza avere un’alcova, un posto da sesso sicuro.
Che ce l’ho a fare un amante se non mi faccio amare?
Se non mi faccio desiderare?
Se gli faccio da moglie?
Che ce l’ho a fare se ci condivido tutta la vita anche solo in una telefonata?
Io non ho un amante, Stella.
Ho lui. Amore.
E non mi prende uno spazio, un momento, un bisogno.
Mi prende la vita.
Lo so suona male, strano.
Non ti chiedo di capire.
L’amore.
Mi sono anche stancata di chiamarlo così. Di parlarne.
Sembra sempre di dovermi scusare, giustificare.
Ci sono vite dove l’amore prende le strade solite, normali, di vita comune, con i nomi e i luoghi che conoscono tutti.
Zitta un attimo, Paci.
E poi ci sono le vite speciali, Paci?
Le vite come le tue, Paci?
Questo vuoi dirmi, Paci?
Paci ti racconti stronzate.
Tu hai un amante.
Ti racconti balle sull’amore e lo chiami in altri modi.
Ma tu non hai una vita speciale. Balle, Paci.
Ma io non ho detto di avere una vita speciale, Stella.
Non mi sono spiegata, Stella.
Tu mi hai detto che sono un’ amante strana, senza alcova.
Io ti dico che sono così. Io sono normale.
Non conosco le parole per dirti la mia vita.
Ma, credimi, non c’è un’alcova, un posto segreto perché c’è vita.
Io e lui abbiamo la vita in comune.
Non ho due vite.
Non ho una seconda vita.
Ho una vita.
E si vive solo di amore, per amore, con amore.
A me è arrivato così.
Ci sono fiumi che hanno un tragitto fonte-foce all’aperto, dritto, maestoso.
Altri che ne senti il rumore, il fresco, la presenza, ma non si vedono.
Solo l’acqua e la terra sanno dove scorrono.
Gli altri vedono solo boschi, verde, vita, che cresce, che vive.
Ma il fiume, che c’è, non lo vedono.
Ti chiedo questo, Stella, non giudicarmi.
Ti chiedo questo, Stella, di credermi.
Guarda la mia vita e l’amore che c’è.
Il rumore, il verde, la vita dell’amore che c’è.
Anche se non vedi l’amore.
Quello è nascosto nei miei giorni. Nelle mie telefonate.
Non si vede.
Ti chiedo, Stella, di guardare quello che c’è.
E di credere a quello che ho.
Poi quando conoscerò il nome giusto della mia vita.
Te lo dirò.
Subito.
(Il Diario di Paci, Mauro Leonardi)
Paci è il personaggio che ha dato vita alla protagonista del romanzo “Una giornata di Susanna”, acquistabile online e in tutte le librerie. È un’emigrante di origine venezuelana sposata con René, un uomo che la trascura. Ha un amante, una bimba che si chiama Marta e un’amica che si chiama Stella. Da vent’anni vive a Roma e si mantiene facendo pulizie.