Le Lettere di Sandokan – Guardaroba
Il prete e il principe azzurro hanno questo in comune: un guardaroba essenziale.
Il prete deve solo fare la fatica di rimediare il maglioncino nero a bottoni da mettere sopra la talare nera. Non che sia facile. La densità dei negozi che commerciano l’articolo è paragonabile alla densità di popolazione della Groenlandia (che – è meglio precisare, non credo siate tutti abbonati a National Geographic – è di 0,025 abitanti per kmq).
È un genere che non tira, il maglioncino nero a bottoni. Quando ne trovi uno, tuttavia, hai risolto. Se anche il negozio fosse in Lapponia uno può sempre ammortizzare il costo del viaggio comprandone quindici e così essere a posto per vent’anni. A patto che non ci siano le tarme nell’armadio, naturalmente. Per fortuna gli antitarme si trovano anche nel negozio sotto casa.
Il principe azzurro invece i vestiti se li fa cucire dal sarto, almeno credo. Fa una vita più dura del prete. Lui cerca moglie e non è facile trovarla, vestito in quel modo. Quelle che gli vivono attorno non si piglierebbero mai un tipo così, per il noto problema che l’azzurro non si abbina con niente.
Per questo motivo il poveretto è costretto dal suo abito (che non farà il “monaco”, ma il “principe” lo fa eccome) ad andarsene in giro per i boschi, a cercare principesse da sposare.
Alcuni sono così disperati che si mettono a baciare pure i rospi, credendo agli gnomi che gli sussurrano all’orecchio di non fidarsi delle apparenze, perché trattasi di principesse sotto maleficio. Si fanno un sacco di risate gli gnomi coi principi azzurri.
E’ vero che qualcuno c’è pure riuscito a trasformare un rospo in una principessa, ma solo dopo molti tentativi. La verità è che il poveretto ha baciato duemila rospi prima di beccare quello giusto, ma di questi tentativi infruttuosi i libri di favole “politically correct” non fanno cenno.
Quelli come me – né preti né principi – invece vanno alle boutique. Quelli come me hanno ampia scelta. Ma la vita è ancora più difficile quando hai ampia scelta. Ti puoi sbagliare, se non hai qualcuno accanto che ti sappia consigliare.
Un tempo tendevo a non badare alle opportunità offerte dalla vita, tendevo a semplificare.
Se decidevo di aver bisogno di un paio di pantaloni mi regolavo così. Sceglievo il negozio dove andare prima di uscire da casa, indossavo un paio di pantaloni uguali a quelli che volevo acquistare (i pantaloni dell’uomo non sposato sono una naturale evoluzione di quelli che gli comprava sua madre quando era bambino, questo si sa) e poi dicevo al commesso: «Vorrei un paio di pantaloni come questi», allargando le braccia perché lui si rendesse meglio conto delle mie esigenze.
«Che colore? Che taglia?», chiedeva lui. Io rispondevo, misuravo, acquistavo.
Ero l’idolo dei commessi.
In realtà – me lo ha spiegato mia moglie anni dopo – agivo da prete o da principe azzurro. Nel subconscio. Vivevo una vita stereotipata, con i vestiti che mi sceglieva mia madre. Lei mi voleva diverso.
«Se non ci fossero le donne andreste ancora in giro con le pelli di animali indosso», mi disse un giorno. Me lo disse trattenendosi dall’aggiungere che io, con la pelle di animale addosso, non ci avrei fatto una bella figura. E poi continuò: «Non si esce per acquistare “pantaloni” o “camicie” o “scarpe”. Si esce sempre per comprare “qualcosa di originale”».
Le prime volte non la capivo e provavo a interrogarla: «Ma vuoi che acquisti “pantaloni originali”, “camicie originali” o “scarpe originali”?». L’assenza di una sua risposta mi aiutò a comprendere quanto fosse sbagliata la mia domanda.
È che io ero imbarazzato a entrare in un negozio senza sapere cosa comprare. E’ questione di abitudine, lo so, ma mi ci è voluto un po’ di tempo per non dare peso alle facce che i commessi facevano davanti alle nostre “manifestate” esigenze di originalità. Il poveretto aveva il terrore negli occhi quando ci scorgeva oltre la vetrina. «Oddio, ora entrano questi e mi fanno tirare giù tutto il negozio dagli scaffali», questo mi pareva che volesse significarmi col suo sguardo perso. Ma mi sbagliavo. Io l’intuito femminile non ce l’ho e certe cose non le posso sapere. Ho imparato a non giudicare superficialmente le facce dei commessi. D’altra parte “il cliente ha sempre ragione”.
A volte accade davvero che qualcosa di originale si riesca a trovare, sapete?
Ma a quel punto arriva il momento più duro, almeno per me. Inizia la valutazione riguardo alle mie concrete possibilità di indossare l’oggetto selezionato.
Dovete sapere che ho tanti difetti e mia moglie ne parla con i tutti i commessi in cui si imbatte: le tasche non possono essere laterali perché mi si gonfiano a palloncino («sembra magro perché è alto», dice lei, «ma non è così»), la gamba non può essere ampia perché dovrei avere la coscia più magra, la vita deve essere alta perché non ho più tredici anni, la giacca mi fa sempre un difetto davanti non mi ricordo bene perché
…
Devo dirvi che, fino a quando ho davanti un commesso sopporto bene queste mie descrizioni, ma davanti a una commessa ci rimango male. Mi piacerebbe che lei pensasse di aver trovato finalmente un indossatore degno dei pantaloni o della giacca che sta tentando di rifilarci.
Infine, dopo aver trovato il capo che maschera i miei difetti nel modo più originale possibile, arriva il momento di dichiarare la taglia. La taglia la dico io, è mia, ma lei mi corregge subito. «Prendiamo una taglia più piccola, che ti devi mettere a dieta». Sogna di avere accanto un uomo con un paio di pantaloni con le tasche laterali. C’è da capirla.
Alla fine usciamo dal negozio, dopo due ore, felici. Ci rimane addirittura un po’ di tempo per cercare qualcosa di originale per lei.
«Cara, con te si fa presto. Basta trovare la cosa che ti dona di più».
Sandokan è la Tigre della Malesia, questo si sa. In verità negli anni della sua giovinezza – quando il corpo esultava – le tigri, lui, le uccideva. Ma poi scelse la via di Lutet con i draghi. È l’eroe di sua figlia che, bambina, gli diceva: “Voglio essere anch’io una tigre, una tigre-femmina! Si può?”. “Certo che si può! Ma cosa credi che faccia una tigre tutto il giorno?”. “Lo so, lo so! Legge, studia e racconta favole!