Articoli / Blog | 11 Maggio 2015

L’Huffington Post- Raul Castro e Papa Francesco: dimenticare 60 anni in 50 minuti

“Se il Papa continua di questo passo ricomincio a pregare e ritorno alla Chiesa”” questo dice Raul Castro dopo che Cuba e la Chiesa Cattolica non si parlavano dal 1959. E oggi siamo nel 2015. È sempre difficile riallacciare un rapporto interrotto da 56 anni. Se, poi, a non parlarsi sono due Stati simbolo, la situazione è ancora più complessa. Dopo quasi 60 anni di gelo ti aspetti che ci vogliano 50 anni di diplomazia e lenta ripresa per ricominciare ad avere rapporti civili. E invece bastano 50 minuti.

Qualche cinico realista potrebbe dire che è tutto ancora da fare, ma io non sono d’accordo. Non è quando si aprono le frontiere, non è quando merci e uomini possono circolare liberamente da un paese all’altro, non è quando i capi di Stato si fanno la foto stringendosi la mano, che tutto inizia. Tutto inizia quando inizia quello che Papa Francesco chiama “ponte”. Qual è la differenza tra una mediazione diplomatica e un ponte? Come si cancellano 60 anni in 50 minuti? Le mediazioni diplomatiche sono fatte di carte, abilità personali, mediazioni culturali, patti economici, convenienze reciproche. I ponti sono un’autenticità personale che spiazza tra due uomini che, sulla carta, nelle cartelle diplomatiche, rappresenterebbero due mondi opposti.

E invece in un faccia a faccia personale di 50 minuti, ci si ritrova tra due persone. E il ponte è fatto. Ma ci vuole una faccia, una persona che non stringe la mano per suggellare un patto, non vuole la foto per documentare: stringe la mano per iniziare a camminare insieme. I ponti si fanno per poi camminarcisi sopra, insieme, incrociandosi, andando e tornando da una parte ad un’altra. Con un ponte le due sponde non si uniscono, rimangono con la loro identità, la loro storia, ma diventano accessibili una all’altra, diventano una il paesaggio dell’altra.

Il Papa ha un “passo”, dice Castro, un passo che non lascia indietro. “Ricomincio a pregare”. Questa frase è l’orma che quel passo del Papa ha lasciato. Un ponte importante è stato creato: ora la diplomazia può passarci sopra. Buon lavoro a tutti. Racconto queste cose perché ho guardato le foto pubblicate. Di solito le foto dopo gli incontri dei big della terra non sono come quelle che pubblicano in questi giorni le prime pagine dei nostri più importanti quotidiani. Di solito ci si stringe la mano e si guarda l’obiettivo cercando di dare impressione di forza, sicurezza, controllo della situazione, bonaria simpatia da potente della terra.

Qui no. Papa Francesco, padrone di casa, è dietro, rilassato, un po’ piegato, Castro sembra un po’ stupito, della serie “non potete crederci a quello che è successo e nemmeno io”. Se lo fa è perché Papa Francesco è così, le sue udienze private sono così, i suoi rapporti sono così: nulla di diplomatico, tutto di personale. Con Papa Francesco, le foto si fanno come vengono. Il padrone di casa che non è la parte forte ma la parte che lascia il passo, accompagna dentro, una mano sulla schiena. Toccarsi, nel linguaggio del corpo, esprime volontà di rendere informale, intimo, vicino, una chiacchierata, vuole fare di un’udienza privata, un incontro. Per fare un ponte basta un braccio sulla schiena. “Non scherzo”: dice Castro. E io gli credo perché sorride. E le cose serie si fanno, si decidono, si dicono solo quando si è sereni. E da sereni si sorride.

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