Le Lettere dal carcere – “Giuseppe Zagari, si prepari la roba: è in partenza!”
A Padova, carcere dove si trova detenuto Carmelo Musumeci, hanno deciso di chiudere la sezione dei detenuti in Alta Sicurezza, cosidetta AS1. Spesso, anche in questo caso, tali decisioni vengono prese senza tener conto di quale dramma sia un trasferimento per la persona detenuta e la sua famiglia: significa ricominciare tutto da zero, da un’altra parte, magari interrompendo percorsi e riabilitazioni, studi, lavori – talmente rari in carcere – e buone relazioni faticosamente costruite in anni e anni di detenzione.
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La rottamazione della sezione di “Alta Sicurezza 1” del carcere di Padova è iniziata. E Giuseppe è stato il primo questa mattina ad essere trasferito. Immaginavo che sarebbe stato nella lista di quelli che non sarebbero stati declassificati perché gli avrebbero fatto pagare l’evasione tentata sei anni fa, anche se poi, arrivato a Padova cinque anni fa e trattato finalmente con un po’ di umanità, aveva finalmente iniziato a scontare la sua pena in modo dignitoso, costruttivo ed in positivo. Però troppo spesso il carcere non ha lo scopo di educare, ma deve solo punire. Giuseppe da alcuni mesi frequentava la redazione di “Ristretti Orizzonti” e incontrava centinaia di studenti durante la settimana nel progetto “Scuola-Carcere” e rispondeva con timidezza a tutte le loro domande.
L’altro giorno mi ha confidato che da quando era entrato a fare parte della redazione di “Ristretti Orizzonti” e parlava con i ragazzi era cambiato e incominciava a sentirsi colpevole, cosa che non gli era mai venuta in mente quando era chiuso in cella tutto il giorno come una belva in gabbia. Ci sono rimasto male che l’hanno mandato via, perché mi ci ero anche affezionato. Non ho neppure potuto salutarlo e ringraziarlo perché per Pasqua mi aveva regalato un coniglio di cioccolata bianca per mia figlia.
Chissà Giuseppe adesso dove sarà? Si vocifera che è stato mandato nel carcere di Sulmona. E mi viene in mente quando dal carcere di Voghera ero stato trasferito in quell’istituto, lo chiamavano il carcere dei suicidi “Musumeci in partenza, in cinque minuti deve prepararsi la roba, forza andiamo, si prenda solo il minimo indispensabile, non più di sette chili”. “Un attimo che sono appena le quattro del mattino, datemi almeno il tempo di svegliarmi…”. Poi la solita prassi, perquisizione, flessioni, manette e partenza con blindato.
All’arrivo in quel carcere, come si usa di solito, mi avevano subito dato il benvenuto con un discorso più o meno di questo genere: “Musumeci, si ricordi che noi abbiamo sempre ragione e le suggeriamo di imparare la lezione rapidamente. E si ricordi che è impossibile non essere d’accordo con noi. Qui l’unica regola che vige è quella di sorvegliare e punire, i rifiuti della società è giusto che soffrano e che, con qualunque mezzo, comprendano il nulla della loro esistenza…”.
Purtroppo il carcere è il luogo dove più che in qualsiasi altro posto non si rispetta la legge. E quando il prigioniero si vede esposto a sofferenze che la legge non ha ordinato e neppure previsto, poi entra in uno stato di collera abituale contro tutto ciò che lo circonda, perché intorno a lui non vede altro che carcerieri che non rispettano la dignità delle persone. La cosa più brutta è che poi il prigioniero non crede più di essere stato colpevole perché finisce per vedere che la giustizia stessa non rispetta le regole che si è data.
Spero che questo non accada anche a Giuseppe per non fargli interrompere la crescita interiore che aveva intrapreso con la redazione di “Ristretti Orizzonti” e gli incontri con gli studenti, ma sarà difficile che una persona possa migliorare, murata viva in una cella per tutto il giorno senza fare nulla, come accade a tanti in quell’istituto, e con un fine pena nell’anno 9999. Buona vita Giuseppe. Abbi cura di te e del tuo cuore. Un abbraccio fra le sbarre.
di Carmelo Musumeci
Qui il link al suo blog
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