Le Lettere di Sandokan – Tuo per sempre
Carissima,
è ancora vivo il ricordo della splendida serata che abbiamo passato assieme, io e te, ieri. E’ bastato un momento per cancellare anni di “occhi bassi”, di “mezze frasi”, di “silenzi urlati”.
E’ stato tutto un equivoco, tesoro mio, che ci ha allontanati. Tu credevi che io preferissi la partita in TV ai tuoi racconti, sempre uguali ma sempre nuovi. “Da quindici anni sempre la stessa partita”, mi ripetevi. Non è così. L’Amore che ho per te mi ha dettato, ieri sera, le parole di cui avevi bisogno per riposarmi accanto: “cara, sono tutte partite diverse: ci sono i campionati, la coppa Italia, la Champions …”.
E così, d’improvviso, per caso, ti ho aperto un mondo, il mio mondo, che tu non conoscevi, che disprezzavi forse, per colpa mia. Perché io mai te ne avevo parlato con la stessa passione che tu metti nel raccontarmi del tuo lavoro o nell’elogiarmi le qualità del folletto Vorwerk (che, ti vorrei ricordare, costa 50 volte in più dell’abbonamento a Sky Calcio … ma non voglio soffermarmi su questo adesso, non voglio addensare nubi tra noi in questo giorno felice).
Ci siamo amati moltissimo ieri sera discutendo di 4-3-3 e di 3-5-2 guardandoci negli occhi e stringendoci le mani. E ci siamo commossi assieme riflettendo riguardo a quanto sia ingiusto assegnare “rigore” e “espulsione” per un fallo da ultimo uomo.
Come possono le nubi addensarsi in un cielo sereno? E’ difficile rispondere.
Tutto nacque in me quel giorno, una delle prime volte che ti convincesti ad accompagnarmi allo stadio. Ero così felice. “Quella è la nostra squadra”, ti dissi puntando l’indice sul prato erboso. Ti dissi “nostra”, non “mia”. E che gioia quando a un certo punto tu mi sussurrasti all’orecchio: “quanto manca alla fine del primo tempo?”. Io sorrisi interiormente, stringendoti la mano e pensando “che cara, anche lei spera in un gol prima del riposo”.
Che delusione provai quando tu, raggelando i miei sentimenti, continuasti così: “mi piace l’intervallo, perché portano al centrocampo la Matiz di gomma, si affannano a gonfiarla per farle pubblicità e quando hanno finito già la devono sgonfiare che deve ricominciare la partita … mi sembrano scemi”. Me lo dicesti ricambiando la mia stretta di mano, capisci? Da allora compresi che si può ferire anche mentre si dà un bacio.
Mi son sentito offeso, umiliato. Voglio che tu sappia che per anni ogni Matiz che mi passava davanti per strada era per me una pugnalata al petto. Per fortuna la Matiz andò fuori produzione dopo breve tempo e oramai non se ne vedono più in giro. Il tempo sana le ferite.
Da allora ho cominciato ad allontanarmi da te. Con piccoli gesti. Quando una tua amica, per esempio, ti costringeva a organizzare, di sabato, le riunioni della Tupperware a casa nostra, così piene di gente che avrebbe voluto essere altrove, e tu mi chiedevi di farti compagnia e di partecipare al dibattito su mestoli e scodelle, io ti accontentavo però tacevo. La piantana che ci regalò tua madre per il nostro anniversario (e che non ha mai trovato un’appropriata collocazione nel nostro salotto) era più presente di me, in quei momenti. Quanto ti sarebbe piaciuto che io, davanti alle tue amiche, mi fossi mostrato appassionato al problema dell’inseribilità del mestolo in lavastoviglie … o della scodella nel microonde. Ma io volevo ferirti e restavo muto. Quante lacrime ho versato sbucciando le cipolle nel contenitore che ci rifilavano, volenti o nolenti, quelli della Tupperware, come omaggio a noi, colpevoli agli occhi di tutti di aver organizzato quell’incontro. Lo utilizzavo quando tu non c’eri, mentre quando eri presente prendevo l’insalatiera di porcellana. Per ferirti.
Ma da oggi tutto cambierà. Ti prometto che non ti offenderò più con la mia faccia inebetita davanti ai tuoi “dimmi se non ho ragione?” che concludono spesso le tue confidenze. Mi offrivi la possibilità di darti ragione … e io la usavo per darti torto, a volte. Che stronzo che ero. Ti darò ragione sempre, con entusiasmo, d’ora in avanti. Perché ti amo. Perché tu sei l’unica al mondo per me, l’unica che ha ragione in un mondo in cui tutti hanno torto … soprattutto mia madre.
Credo e spero che il mio Amore rinnovato per te mi renderà libero. Prima avevo paura dei tuoi “non ti voglio condizionare”, “fai come credi, a me non importa”, “tu sei libero di scegliere”, … ma poi ho capito che non devo aver paura della libertà che tu raccogli da terra ogni volta che mi casca di mano, per porgermela di nuovo.
Vedrai, imparerò. Non sporcherò più facendomi cascare la mia libertà sul tappeto. Starò più attento.
Tuo per sempre