Blog / Papa Francesco | 18 Novembre 2014

Papa Francesco – Ma io sono vivo dentro?

«La Parola di Dio è capace di cambiare tutto» ma noi «non sempre abbiamo il coraggio di credere» in essa. Nell’omelia pronunciata durante la messa a Santa Marta martedì 18 novembre, Papa Francesco ha affrontato il tema della conversione e, commentando la liturgia del giorno, è entrato nel merito di tre categorie, cioè di «tre chiamate alla conversione». Perché, ha spiegato, «Convertirsi non è un atto della volontà»; non si pensa: «Io adesso mi converto, mi conviene…», oppure: «devo farlo…». No, la conversione «è una grazia», è «una visita di Dio: è il Figlio dell’Uomo che è venuto a cercare e a salvare», è Gesù «che bussa alla nostra porta, al cuore, e dice: “Ma, vieni”».

Quali sono dunque queste tre chiamate? La prima si incontra nel libro dell’Apocalisse (3, 1-6, 14-22), dove il Signore chiede la conversione ai cristiani perché sono divenuti «tiepidi». È, ha spiegato il Pontefice, «il cristianesimo, la spiritualità della comodità: né troppo troppo, né meno meno», l’atteggiamento di chi dice: «Tranquillo… faccio le cose come posso, ma sono in pace, che nessuno venga a disturbarmi con cose strane». È il caso di colui che si sente comodo e afferma: «Non mi manca niente. Vado a messa le domeniche, prego alcune volte, mi sento bene, sono “in grazia di Dio”, sono ricco, mi sono arricchito con la grazia, non ho bisogno di nulla, sto bene».

Questo stato d’animo, ha sottolineato Francesco, «è uno stato di peccato: la comodità spirituale è uno stato di peccato». E infatti nell’Apocalisse si legge: «Tu dici: “sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo». Il Signore non risparmia parole «a questi cristiani comodi», «le dice tutte, e in faccia». Tanto che nella Scrittura si legge ancora: «perché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca». Un’espressione, ha fatto notare il Papa, «molto forte». Allo stesso tempo il Signore, per aiutare la conversione del cristiano, «si permette un consiglio», gli consiglia di vestirsi, perché «i cristiani comodi sono nudi». Poi, dopo la parola dura, il Signore «si avvicina un po’ e parla con tenerezza: “Sii dunque zelante, convertiti»: è questa, ha detto il Pontefice, «la chiamata alla conversione: “Io sto alla porta e busso”». Così il Signore si rivolge al «partito dei comodi, dei tiepidi» e invita a «convertirsi dal tepore spirituale, da questo stato di mediocrità».

Poi, c’è una seconda chiamata: ed è quella per quanti «vivono delle apparenze». È sempre l’Apocalisse a nominarli: «Ti si crede vivo, ma sei morto». A chi pensa di essere vivo solo grazie all’apparire, il Signore dice: «“Sii vigilante”, per favore, “rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire”: ancora c’è qualcosa di vivo, rinvigorisci quello». E aggiunge un consiglio di tenerezza: «Ricorda come hai ricevuto e ascoltato la parola: custodiscila e convertiti, perché se non sarai vigilante verrò come un ladro». Tre, in questo caso le parole — «memoria», «custodia» e «vigilanza» — sottolineate dal Papa, che immagina che questo tipo di uomo pensi: «Io appaio cristiano, ma dentro sono morto». Le apparenze, ha detto, «sono il sudario di questi cristiani: sono morti». E il Signore «li chiama alla conversione: “Ma ricordati, sii vigilante e vai avanti. Ancora c’è qualcosa di vivo in te: rinvigoriscilo”».

Ognuno di noi è allora chiamato a chiedersi: «Io sono di questi cristiani delle apparenze? Sono vivo dentro, ho una vita spirituale? Sento lo Spirito Santo», lo ascolto? Al governo occorre fare attenzione alla tentazione di ripetersi: «se tutto appare bene, non ho niente da rimproverarmi: ho una buona famiglia, la gente non sparla di me, ho tutto il necessario, sono sposato in chiesa… sono “in grazia di Dio”, sono tranquillo». Attenzione, perché «i cristiani di apparenza… sono morti». Occorre invece «cercare qualcosa di vivo dentro e, con la memoria e la vigilanza, rinvigorire questo perché vada avanti». Occorre «convertirsi: dalle apparenze alla realtà. Dal tepore al fervore».

C’è infine la terza chiamata alla conversione, quella di Zaccheo. Chi era? «Era capo dei pubblicani e ricco»; un «corrotto» che «lavorava per gli stranieri, per i romani, tradiva la sua patria. Cercava i soldi nella dogana» e ne dava «una parte al nemico della patria». Era, cioè, «uno come tanti dirigenti che noi conosciamo: corrotti»; persone che, «invece di servire il popolo», lo sfruttano «per servire se stessi». Zaccheo, ha commentato Francesco, «non era tiepido; non era morto. Era in stato di putrefazione. Corrotto, proprio». Eppure davanti a Cristo «sentì qualcosa dentro: ma, questo guaritore, questo profeta che dicono che parli tanto bene, io vorrei vederlo, per curiosità». Qui si vede l’azione dello Spirito: «lo Spirito Santo è furbo e ha seminato il seme della curiosità»; e quell’uomo per vedere Gesù ha fatto anche «un po’ il ridicolo»: un dirigente, un «capo dei dirigenti» è addirittura salito «su un albero per guardare una processione». Che ridicolo «comportarsi così». Eppure lui ha fatto proprio questo, «non ha avuto vergogna. “Io voglio vederlo”».

Dentro di lui — ha spiegato il Papa — che era un tipo sicuro di se, «lavorava lo Spirito Santo. E poi è successo quello che è successo: la Parola di Dio è entrata in quel cuore e con la Parola, la gioia». Anzi, gli uomini che vivevano nella «comodità» e quelli «dell’apparenza avevano dimenticato cosa fosse la gioia»; mentre «questo corrotto la riceve subito».

Il Vangelo di Luca racconta che egli «scese in fretta e lo accolse pieno di gioia»: accolse cioè «la Parola di Dio, che era Gesù». E in lui avvenne «subito» ciò che capitò a Matteo (facevano «lo stesso mestiere»): «il cuore cambia, si converte, e dice la sua parola autentica: “Ecco, Signore, io dò la metà di ciò che possiedo ai poveri, e se ho rubato a qualcuno” — tanto — “restituisco quattro volte tanto”». Un passaggio illuminante secondo Francesco: «questa è una regola d’oro. Quando la conversione arriva alle tasche, è sicura», e ha spiegato: «Cristiani di cuore? Tutti. Cristiani di anima? Tutti. Ma, cristiani di tasche? Pochi». Eppure, davanti alla «parola autentica» la conversione «è arrivata subito». A confronto c’è «l’altra parola» quella di quanti non volevano convertirsi: «Vedendo ciò, mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore”. Si è sporcato, ha perso la purezza. Deve purificarsi perché è entrato in casa di un peccatore».

In conclusione, tre chiamate alla conversione fatte «dallo stesso Gesù»: «ai tiepidi, a quelli della comodità», poi «a quelli dell’apparenza, a quelli che si credono ricchi ma sono poveri» anzi, «non hanno niente, sono morti» e infine a chi è «oltre la morte: nella corruzione». Di fronte a costoro «la Parola di Dio è capace di cambiare tutto. Ma la verità — ha detto il Pontefice — è che non sempre abbiamo il coraggio di credere nella Parola di Dio», di ricevere quella Parola che ci guarisce dentro» e per la quale «il Signore bussa alla porta del nostro cuore».

Questa, ha concluso il Papa, «è la conversione». Conversione alla quale «la Chiesa vuole che in queste ultime settimane dell’anno liturgico pensiamo molto seriamente» affinché «possiamo andare avanti nel cammino della nostra vita cristiana». Perciò dobbiamo «ricordare la Parola di Dio», «fare appello alla memoria», «custodirla», «obbedirle» e «vigilare», per incominciare «una vita nuova, convertita».