Blog / Una donna nel Vangelo | 16 Novembre 2014

16 novembre – Perché io ho solo te

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Mt 25,14-30.

Ho i miei talenti in mano.
Sono fissa.
Ferma.
A guardarli.
A guardare la mia vita senza te.
Sei andato via.
Mi hai lasciato i talenti.
Sei andato via.
E mi sembra di non avere più nulla.
Poi apro la mano.
Vedo quello che mi hai lasciato.
Vorrei non darli via.
Me li hai dati tu.
Li hai toccati tu.
Vorrei nasconderli.
Tenerli per me.
In tuo ricordo.
Ma poi mi alzo.
E vado.
Vado a vivere delle cose che mi hai dato.
Che mi hai lasciato.
E si moltiplicano in mano.
Sono il doppio.
Quando mi troverai con le mani piene.
Sarò ricca di te.
Mi manchi da morire.
Sono ricca di te, si.
Ma mi manchi da morire.

Parti?
Dove vai?
Capisco solo questo.
Che te ne vai.
Dimmi dove.
Dimmi quando torni.
Va bene, tengo le tue cose.
Si, mi basta quanto mi hai dato.
Di più non potrei.
Conosci tu la mia misura.
Riempimi le mani.
Le svuoterò.
Andrò da chi mi aiuterà finché non torni.
Ma torna presto.
Non c’è nessuno che può darmi quello che mi dai te.
Perché io voglio te.

È tutto tuo.
Tutto.
Per sempre.
Non c’è da aver paura che prenderai di più.
È tutto tuo.
È tuo il seme.
È tuo l’albero.
È tuo il frutto.
È tuo il talento.
Sono tue le mie mani che lo ricevono.
Sono tuoi i banchieri.
Tuo il guadagno.
Tuoi i giorni.
Tuo il ritorno.
Tua, io, che ti aspetto.
Tue le mie mani che ti attendono piene.
Per essere svuotate.
Per essere prese.
E riempite di te.
Perché io ho solo te.

Questo commento del vangelo del giorno è fatto dalla prospettiva di una delle donne senza nome che seguivano Gesù (cfr Lc 8, 1-3). Il suo nome è Zippi (Zippora).

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