Blog / Una donna nel Vangelo | 29 Ottobre 2014

29 ottobre – Se è amore vero ci lasci la pelle

In quel tempo, Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi». Lc 13,22-30.

Forse è perché ti chiamano maestro che non capiscono.
Forse è perché insegni sempre.
Insegni in ogni città e villaggio.
Forse è per questo che non capiscono?
Pensano che salvarsi è sapere, capire, imparare.
Ma non è da superare un esame.
Ma non è da rispondere e da sapere tutto.
E’ da lasciarci la pelle.
E’ da passare senza niente addosso.
E’ da entrare nel tuo regno con le ferite.
Perché la porta è stretta.
È a misura di ultimo.
È a misura del più piccolo.
È a misura di chi non ha altro che amore e desiderio di entrare.
E ci lascia la vita, tutta la vita, per avere la vita.

Un giorno amore mio ti alzerai e verrai verso di me.
E io ci sarò.
Sarò vicino alla porta che ora chiudi.
Ho faticato ad entrare, amore mio.
Ho lasciato la mia pelle sulla porta.
Ho lasciato lì egoismo, invidia, orgoglio.
Mi sono fatta piccola amore mio.
Piccola come solo i grandi sono.
Piccola come Abramo, Isacco, Giacobbe.
Ho tanta fame amore mio.
Sono seduta ora vicino a te.
Che gioia immensa.
Ho tanto desiderio di te, amore mio.
Stiamo insieme, amore mio.
Voglio essere prima.
Prima, come solo il tuo amore sa fare.

A porta chiusa non ti vede.
Non ti riconosce.
Perché la porta è chiusa.
Non importa che fossi seduto davanti a lui a mangiare e bere.
A porta chiusa non ti vede.
Non importa che tu abbia ascoltato lui, se non hai parlato di lui.
Ora.
A porta chiusa.
La tua voce non la riconosce.
Cosa hai fatto per lui?
Cosa hai fatto con lui?
L’amore si riconosce e si stringe e si siede vicino, addosso.
L’amore sta addosso.
L’amore fa.
Non ti riconosce.
Lascia passare i piccoli.
Tocca a loro.
A loro che gli stavano sempre addosso.
A loro che lo chiamavano urlando.
A loro che erano sempre gli ultimi.
Che cercavano di vederlo e toccarlo.
A loro che la porta l’hanno forzata e ci hanno lasciato pelle e vita.
E ora sono suoi.
Perché lo erano già.
Con la loro pelle.
Con la loro vita.
È difficile da spiegarti.
È difficile da spiegare a te, seduto sempre vicino al maestro.
A te sempre in prima fila nelle piazze.
E’ difficile spiegarti che l’amore lo riconosci da quello che fa.
Da quello che ti fa.
Prova.
Lasciaci la pelle.
Lasciaci la pelle in quella porta stretta, in quell’abbraccio stretto.

Questo commento del vangelo del giorno è fatto dalla prospettiva di una delle donne senza nome che seguivano Gesù (cfr Lc 8, 1-3). Il suo nome è Zippi (Zippora).

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