Blog / Bruno Mardegan / Lettere | 26 Marzo 2014

Le Lettere di Bruno Mardegan – Aliquote INPS

Con riferimento al dilemma del taglio delle aliquote Irpef-Irap , vi è chi documenta che la voce più penalizzante per imprese e lavoratori è quella dei contributi Inps. Fra trattenute alle aziende e trattenute ai lavoratori si raggiungono aliquote comprese tra il 40 e il 49%. Dimezzando le aliquote Inps le buste paga sarebbero più consistenti. I lavoratori avrebbero un beneficio economico immediato, tanto più prezioso in tempo di crisi. Le pensioni si ridurrebbero in proporzione. Contestualmente andrebbe perciò alzato il tetto dei fondi delle pensioni private. Bruno Mardegan

 

Risponde Gianfranco Fabi

Gentile Mardegan,

la sua proposta è dettata indubbiamente dalla buona volontà di chi cerca una soluzione immediata ed efficace di fronte ad una crisi particolarmente pesante soprattutto sul fronte dell’occupazione. Ma si tratta di una proposta praticamente inattuabile dato che dimezzare di punto in bianco le aliquote dei contributi pensionistici vorrebbe dire non tanto ridurre drasticamente le rendite future degli attuali lavoratori quanto colpire pesantemente la fonte di finanziamento degli attuali pensionati. Il sistema italiano, per quanto riguarda la previdenza pubblica, è infatti un sistema a ripartizione: i contribuiti di oggi servono a pagare le pensioni di oggi. E quindi un taglio dei contribuiti richiederebbe immediatamente un taglio di analoghe proporzioni alle pensioni in essere, un taglio che sarebbe tutt’altro che equo dato che chi le riceve ha versato in passato (salvo qualche eccezione) i relativi contributi in misura piena. Solo per quanto riguarda la previdenza complementare il sistema è a capitalizzazione: i contributi dei singoli lavoratori restano nominativi pur se gestiti da fondi a larga capitalizzazione.

È giusto tuttavia rilevare che il sistema italiano è fortemente concentrato sulla previdenza pubblica obbligatoria ponendo a carico di lavoratori e aziende un livello contributivo particolarmente elevato (di cui solo il 9,19% figura in busta paga a carico del lavoratore mentre un altro 40% è pagato dalla aziende con piccole variazioni a seconda delle dimensioni e del settore). Iniziare un cammino, ovviamente molto graduale ed equilibrato, di riduzione di queste aliquote (e quindi anche delle pensioni future basate sul metodo di calcolo contributivo) potrebbe comunque essere una strada da perseguire: ma insieme dovrebbe esserci una maggiore informazione perché ogni persona possa compiere responsabilmente le proprie scelte
sul fronte previdenziale. Anche perché è doppiamente opportuno incentivare la previdenza complementare: da una parte per migliorare la copertura degli anni della vecchiaia dei singoli lavoratori, dall’altra per consolidare le possibilità operative dei fondi pensione e quindi le loro potenzialità di investimento nei diversi settori economici. In questo modo il sistema previdenziale può diventare un
elemento importante per il dinamismo dell’economia.

 

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