Blog | 13 Maggio 2013

Giovanni Paolo II – Il dono della pietà (6)

1. La riflessione sui doni dello Spirito Santo ci porta, oggi, a parlare di un altro dono insigne: la pietà. Con esso, lo Spirito guarisce il nostro cuore da ogni forma di durezza e lo apre alla tenerezza verso Dio e verso i fratelli. La tenerezza, come atteggiamento sinceramente filiale verso Dio, s’esprime nella preghiera. L’esperienza della propria povertà esistenziale, del vuoto che le cose terrene lasciano nell’anima, suscita nell’uomo il bisogno di ricorrere a Dio per ottenere grazia, aiuto, perdono. Il dono della pietà orienta ed alimenta tale esigenza, arricchendola di sentimenti di profonda fiducia verso Dio, sentito come Padre provvido e buono. In questo senso scriveva san Paolo: «Dio mandò il suo Figlio… perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio ha mandato nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio…» (Gal 4,4-7; cfr. Rm 8,15) .

2. La tenerezza, come apertura autenticamente fraterna verso il prossimo, si manifesta nella mitezza. Col dono della pietà lo Spirito infonde nel credente una nuova capacità di amore verso i fratelli, rendendo il suo cuore in qualche modo partecipe della mitezza stessa del Cuore di Cristo. Il cristiano «pio» negli altri vede sempre altrettanti figli dello stesso Padre, chiamati a far parte della famiglia di Dio che è la Chiesa. Egli perciò si sente spinto a trattarli con la premura e l’amabilità proprie di uno schietto rapporto fraterno. Il dono della pietà, inoltre, estingue nel cuore quei focolai di tensione e di divisione che sono l’amarezza, la collera, l’impazienza, e vi alimenta sentimenti di comprensione, di tolleranza, di perdono. Tale dono è, dunque, alla radice di quella nuova comunità umana, che si basa sulla civiltà dell’amore.

3. Invochiamo dallo Spirito Santo una rinnovata effusione di questo dono, affidando la nostra supplica all’intercessione di Maria, sublime modello di fervida preghiera e di dolcezza materna. Ella, che la Chiesa nelle litanie lauretane saluta come «Vas insignae devotionis», ci insegni ad adorare Dio «in spirito e verità» ( Gv 4,23) e ad aprirci con cuore mite ed accogliente a quanti sono suoi figli e quindi nostri fratelli. Glielo chiediamo con le parole della «Salve Regina»: «…O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria!».

 

Angelus, Domenica, 28 Maggio 1989

 

 

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