Paolo Brescia
Blog / Lettere | 22 Aprile 2013

Lettere di Paolo Brescia – Il coraggio di cambiare

Spesso si sente parlare di giocatori del passato, come Riva, Piola, Amedei, con riferimento più alle loro doti umane che a quelle fisiche. Perché invece accade il contrario quando si parla dei campioni di oggi? E oltretutto i giocatori di questi anni non sono certo più forti degli altri. Forse  il motivo è che negli ultimi decenni stanno venendo a mancare alcuni principi fondamentali che fanno dire “questa è una brava persona”. Nel calcio odierno sono pochissimi gli esempi rimasti dei cosiddetti “calciatori-modello”, sia dentro che fuori dal campo. Si potrebbe obbiettare che il mondo è cambiato, e che il concetto di ideale non esiste quasi più. Lo vediamo dalla politica. Ma se così fosse allora potremmo perdere qualsiasi speranza, vivere da soli in una grotta e aspettare di morire. Il vero problema a mio avviso sta nell’accettare di farsi portatori di questi ideali. Fregarsene delle accuse di chi vorrebbe un mondo filantropico e buonista. Vale per tutto, è chiaro, ma nel calcio (sport popolarissimo) questo dovrebbe essere alla base. Il calciatore tipo dovrebbe essere una persona di cui i bambini non imitano solo il taglio di capelli ma il comportamento, per potersi vantare e dire: guarda io ti rispetto, guarda io ti voglio bene, proprio come lui, quello che sta in Serie A. E si perché se per noi giovani è difficile trovare interessanti uomini di Chiesa, non tutti, o politicanti corrotti, sarà più facile che ci piaccia un calciatore finalmente sano (con questa affermazione non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma riflettere sulle persone con cui parlo abitualmente).

E poi c’è il discorso legato ai piaceri mondani. Forse si indagava un po’ meno sulla vita dei calciatori d’altri tempi, ma senz’altro alcune cose erano meno esplicite. Sembra quasi che ci sia una lotta a chi spende di più in donne, feste e motori. Forse non sarebbe meglio, in un momento come questo, darsi una calmata, controllarsi e impegnare i soldi nel sociale? Ma no, meglio fare gli egoisti e andare a lamentarsi col proprio presidente perché si vorrebbe uno zero in più nello stipendio.

Ma non tutti, si diceva, sono così. C’è chi ci pensa, come minimo, e si dà una regolata, prova a non essere il rissaiolo del 90esimo minuto di turno, almeno.

E c’è chi ci crede veramente. Campioni come Zanetti, ad esempio. Ma sono…”vecchi”. E allora, come è possibile che non ci sia nessun giovane in grado di essere faro in questo momento? Basta solo, secondo me, crederci. Più scuole calcio che insegni prima i veri valori della vita e poi il calcio, poi la form-azione negli stadi. E far capire che quando si arriva sul palcoscenico si ha una responsabilità maggiore, non la si può sprecare…

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