Le dimissioni del Papa – Non siamo il nostro ruolo
Dimissioni di Benedetto XVI. Mi vergogno, ma il primo pensiero non è stato “visto che oggi è la festa della Madonna di Lourdes lei ci proteggerà: mettiamoci sotto il suo manto”, è stato: magari si dimettessero anche Tizio e Caio. Solo dopo, è venuta la considerazione soprannaturale che riguarda Maria nostra Madre.
Nel frattempo era andata crescendo a dismisura dentro di me un’infinita ammirazione per l’uomo Ratzinger e per il cristiano Ratzinger. Sposo in pieno le parole di Lombardi: ammirazione, coraggio, libertà, responsabilità. Qualche giorno fa ho scritto in un post che per amare bisogna essere liberi, e che per essere liberi bisogna anche saper essere soli, e chi legge il blog sa che per solitudine intendevo la pura relazione tra me e Dio: mio Dio, questa cosa riguarda noi due, solo noi due, nessun altro. Tutto lascia pensare che per Benedetto XVI le cose siano andate proprio così e devo dire che in queste dimissioni c’è qualcosa di veramente eroico. Spazzate via in un soffio tutte le stolte convinzioni che associano le dimissioni da un ruolo ad un’infedeltà vocazionale. Quante volte nella vita è più difficile tornare indietro, abbandonare, che andare avanti. (Oddio mi tornano violentemente alla testa tutti i personaggetti del nostro teatrino quotidiano che simulano dimissioni per giochetti politici ma che in realtà vivono solo perché tenuti vivi da quel ruolo che fingono di abbandonare. Abbarbicati).
Ratzinger ha ruggito al mondo che noi non siamo il nostro ruolo. Il 28 febbraio 2013 alle ore 20 e 01 ci si rivolgerà a Benedetto XVI chiamandolo Joseph Ratzinger. Grande! Poi ci sarà un altro Pio, un Giovanni, un Paolo, un Benedetto, un Giovanni Paolo III, un qualcuno che farà il Papa al posto suo e il cardinal Ratzinger starà da qualche parte a pregare, a studiare, a scrivere, a passeggiare e a suonare Mozart. E così servirà la Chiesa con una forza che dipenderà solo dalla sua santità – cioè dal suo amore – e non dal ruolo. E il prossimo Papa saprà che se non se la sentirà, potrà dimettersi, perché non sarà il primo a farlo.
È noto che l’idea delle dimissioni fosse stata carezzata molte volte da Giovanni Paolo II. Che certamente ne avrà discusso, parlato, pregato con il suo fido amico Card. Ratzinger.
Era noto che fosse teologicamente e canonicamente possibile che avvenisse: c’è addirittura un canone del Codice di Diritto Canonico che regolamenta la procedura. Prima o poi doveva accadere. Non si capisce perché tutti i vescovi del mondo debbano dimettersi a settantacinque anni, e invece quello di Roma debba morire su quella Cattedra.
Non mi interessano le dietrologie politologiche, potrei farne anch’io. A me interessa il figlio di Dio Ratzinger, l’uomo Ratzinger, che sa che in nulla e per nulla la fedeltà alla sua vita e alla sua vocazione vengono meno se dichiara, in modo del tutto legittimo, di non avere più le forze per rimanere in un compito.
Un conto è dire di essere in un ruolo per servire, di non essere attaccati a un compito, e un conto è dimettersi sul serio. Dimettersi da Papa. Dire che si è, quello che si è davanti a Dio.
Questa prima volta è una prima volta che riporta indietro al 16 ottobre 1978, a quella prima volta di un Papa polacco. Certo che la Chiesa è grande, lasciatemelo dire.
Giù il cappello.
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