Andrea Mardegan
Blog / Bruno Mardegan / Lettere | 25 Dicembre 2012

Lettere – Il Natale dei pastori

Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce (Lc 2,9) Quei pastori vegliavano la notte, non attendevano il Salvatore, ma facevano ciò che la vita li chiamava a fare: vegliare sul loro gregge. Probabilmente stanchi, forse vuoti e freddi. Poveri, rozzi, qualcuno con qualche vizio nascosto. Gente che non si aspettava nulla da nessuno e che conosceva solo la fatica dei pascoli, il freddo pungente dell’inverno e la calura afosa dell’estate. La vita era tutta lì, in quelle poche pecore da vegliare persino la notte perché animali o uomini non arrivassero a depredarle. Tutta lì in quelle quattro cose senza importanza. Questa era la cornice del  Natale dei pastori. Di profezie e di  annunci non sapevano. Forse ricordavano qualcosa o forse neppure più nulla: solo un vago sogno di bambini, perché la durezza della vita è capace di passare sopra e di coprire con le sue scorie anche i sogni più ambiti e le profezie più audaci. Ma a loro è riservata una parola misteriosa del vangelo di Luca. Fino a quel punto tutto poteva sembrare quotidiano, quasi normale nel racconto della nascita di Gesù, tranne l’insolito evento del censimento: un viaggio, un parto, una stalla come stanza e una mangiatoia come culla. Sarà successo a tanti, molte volte, nelle società contadine. Ma l’angelo e la gloria del Signore irrompono come novità in quella notte. Forse noi che sappiamo gli antefatti, l’angelo ce lo saremmo aspettati: aveva parlato a Zaccaria, a Maria, a Giuseppe, adesso va a una rappresentanza delle genti. C’è una coerenza, un progetto comunicativo, ma quella luce che li avvolge che è la gloria del Signore, cosa sarà mai stata? E che sarà stata per loro, per i pastori, quella luce? La gloria del Signore! Nel nostro immaginario quella parola si veste di mille sfumature di potenza, ricchezza, forza, ma la gloria per l’ebreo è un’altra cosa, è il peso, la consistenza, qualcosa di molto concreto e reale. I pastori sono avvolti da Lui e l’abbraccio di Lui è come un mantello di luce sulla loro esistenza. È Lui che c’è, è il Signore che abbraccia, Dio che trasforma le tenebre in luce con un avvolgimento. Viene in mente l’ombra dell’Altissimo che avvolse la Vergine Maria e la rese Madre del Figlio di Dio. Per i pastori quella Luce deve essere stata qualcosa di simile. Come l’ombra di Dio, così la luce di Dio avvolge i pastori e li rende i primi destinatari del mistero. Dopo Maria e Giuseppe, Zaccaria ed Elisabetta,  diventano i primi evangelizzatori. I pastori così poveri e malmessi, forse pure così peccatori, hanno avuto un posto in quella notte, hanno visto una Presenza che li ha pensati, amati, avvolti di luce. Quello che poi hanno contemplato con i loro sguardi – andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere (Lc 2,15)–  l’avevano già conosciuto nei loro cuori, sulla loro pelle avvolta di luce, e forse lo riconoscono proprio perché quell’abbraccio di luce è entrato sotto pelle, come entra sotto pelle il vagito di un neonato, o perchè il neonato era avvolto di quella stessa luce. Tanti al mondo sono così, come i pastori. Che vivono la notte senza attesa. Che subiscono la notte come un evento ineluttabile, aspettano l’alba perchè sempre arriva. Noi tutti siamo così, pastori ignari, e a volte ci sentiamo così, pastori con la pelle resa dura dalle notti all’aperto, dai giorni al vento e al sole, dal contatto quotidiano con le greggi e con la nuda terra. Tanti sono, che quell’abbraccio di luce non lo attendono neppure, vegliano semplicemente facendo quello che la vita chiede di fare. Guardano il loro povero gregge, e non si sanno guardati da Dio, dagli angeli di Dio, che in un momento preciso della loro storia li sveglierà, canterà loro, li avvolgerà di luce. Forse in questa stessa notte. Noi desideriamo la luce di questa notte. Noi che custodiamo il gregge, perchè non si avvicinino i lupi rapaci, e non è mai abbastanza l’esperienza per riconoscerne il passo e l’odore, magari ci fosse l’ululato, sarebbe più semplice. E a volte ci si addormenta, a volte non si può stare così tanto al freddo. E il fuoco si spegne, bisogna riaccenderlo. E sembra ai pastori di esser così lontano da Dio, non riescono a ricordarsi di Lui, presi dalla custodia del gregge, dalle pietre da tirare alle pecore che stanno per andare in un precipizio, a scarnificarsi per ritrovare quella smarrita. E Dio improvviso avvolge della sua gloria i pastori, senza loro e nostro merito, e ritornano le forze e la voglia di camminare pur essendo notte verso quella luce, che dalla grotta guida. Quel calore che attrae. Quell’abbraccio di Maria, di Giuseppe a quel bambino, abbraccio di sguardi, di fasce, di sorrisi, di stupori, che avvolge anche noi, anche voi pastori qualunque, della gloria del Signore.

Notte del 25 dicembre 2012

 

Don Andrea Mardegan ha il blog Tra le righe del vangelo che è tra i nostri Link amici

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