Lettere – Abelis e “Il grande inquisitore”
Sono anziano, non abito a Roma e mi è dispiaciuto non partecipare alla presentazione del libro di Mauro Leonardi. Cercando informazioni su Abelis mi è caduto l’occhio su una recensione pubblicata online sul sito Amazon. Lì [qui il link alla recensione] si proponeva un parallelo un po’ azzardato tra il romanzo di Leonardi e il poema di Ivan Karamazov “Il grande inquisitore”. Chi è interessato può rileggersela; qui a me interessa sottolineare un aspetto che l’autore della recensione ha totalmente taciuto in modo abbastanza inspiegabile. Il grande inquisitore impersona una figura presente in tutte le istituzioni – e quindi anche in quelle religiose -, e cioè quelle persone che sono convinte di dover “correggere” l’idea del fondatore dell’istituzione stessa. Nel poema l’istituzione è la Chiesa e il fondatore è direttamente il Figlio di Dio. L’inquisitore vive il dramma – così lui lo definisce – di sapere qual è la verità, qual è il vero messaggio del Fondatore, ma sente di avere il dovere di correggerlo perché conosce gli uomini e sa che il messaggio originale, non purificato, porterebbe loro solo sofferenza e dolore. Esercita, quindi, il suo potere per rendere gli uomini felici liberandoli dalla Libertà che Dio nel Suo infinito amore ha donato all’umanità. Mi chiedevo: quanto è diffusa questa figura nelle nostre istituzioni? Seconda domanda: non corriamo anche noi – o qualcuno di noi, per esempio chi ha responsabilità nell’istituzione stessa – il rischio di voler “correggere” il lascito fondazionale? Terza domanda: quante volte anche noi crediamo di aver capito il vero senso del messaggio originale fondazionale per cui guardiamo con un misto di fastidio e di sussiego gli altri fedeli che, poverini, non sanno? Mi piacerebbe lanciare questi tre quesiti nella discussione per capire se è solo una mia preoccupazione o se invece queste mie paure sono condivise.
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