Blog / Lettere | 26 Luglio 2014

Le Lettere di Paolo Pugni – Infinitarsi è dolce in questo cielo

Mi piace viaggiare. E il Signore, che è Padre affettuoso, m’ha messo dentro ad un lavoro che mi costringe a viaggiare spesso, tanto, lontano.
Non credo a quella affermazione di un noto autore cattolico, peraltro amico mio, che addossa al viaggio la terna dei peccati di san Giovanni “concupiscenza degli occhi, concupiscenza della carne e superbia della vita” dicendo che si viaggia per il gusto di vedere cose nuove, di sperimentarne anche (per la carne basterebbe il cibo…) e per vantarsene con gli amici.
Credo che nel viaggio ci sia saggezza, se c’è umiltà e voglia di osservare ed imparare.
Per me c’è anche di più: ci leggo la tangibile immagine della condizione umana.
Ogni volta che viaggio mi assalgono desideri e nostalgie che assumono questi colori: vengo preso dal desiderio di mangiare in tutti i ristoranti e esaurire tutti i menu, di dormire in tutti gli alberghi e in tutte le camere, di conoscere le persone che incontro, vivere in tutte le case che vedo, vivere tutte le vite che vedo, scendere dentro una dimensione di infinita eternità –lo so che è tautologia, ma è per dare così tanta forza da elevare l’infinito all’infinito- che cancelli il tempo epperò non mi separi dalla mia vita. Mi prende anche quando si arriva ad un punto di un sentiero, strada, città e ci si ferma, si guarda l’orologio e si torna indietro e vorresti farlo un passo in più ma non puoi, lo sai che non puoi, e il cuore resta là, come ai crocevia dove una strada la devi prendere e se vuoi andare di là devi rinunciare a questa strada qua e se poi vuoi andarci davvero devi venire via da qua che invece ci stai tanto bene e vorresti restarci e vuoi anche andare. Il cuore si lacera, non so se sia il cuore, parola più bella non ho trovato, e qualche cosa però si rompe, senza negare la bellezza del ricorso e la sua eredità, senza sporcarla, però come sbiadendola, smussando gli angoli, per farla restare meno tagliente nell’animo.
Sei lì e quella forte attrazione non può che parlarti di te e di Dio: di quell’inquietudine che solo in Lui trova riposo che questo desiderio di infinirmi trasmette e rilancia, che già da bambino ne ero preda quando guardavo fuori dalla mia finestra e nel cortile vedo scene di vita familiare e volevo viverle tutte quelle vite non mie. Dall’altra parte ti sbatte in faccia la tua piccolezza, la pusillanimità, l’essere minuscolo: che guardavamo correndo lungo la via rapida intorno che dal Bronx scende a Battery Park certi palazzi che dentro ci sta tutta l’Emilia Romagna e ti chiedi chi viva lì, quanti vivano lì e di che cosa soffrono e gioiscono e cosa sperano e ti senti un granello davanti a queste montagne di palazzi senza contorni quasi, senza limiti, mare senza sponde. Così come quando risali la Quinta e incontro ti viene un fiume di gente, la più diversa e ognuno con la sua vita, e te la dipingono lì se la sai leggere sotto i loro sguardi. Tutti minuscoli, ma tutti importanti per Dio al punto da aver versato il sangue per ognuno di loro, uno per uno, per me anche.
Viaggiare non dà superbia né uggia: ma voglia di pregare, di non smettere mai: come sta scritto davanti a St. Patrick: “la città che non dorma mai ha bisogno di un luogo dove pregare”. E senti davvero la fatica, la ruvidità e la necessità di pregare e amare ognuno di quelli che sfiori.
E poi viaggiare ti rende la voglia di condividere. Perché le gioie le vuoi sempre vivere con chi ami veramente, perché li vorresti lì quelli che ami a provare le stesse cose dentro.
Sull’aereo all’andata davano questo film, Last Vegas, con quattro cariatidi (Michael Douglas, Robert de Niro, Morgan Freeman e Kevin Kline) e la faccio breve ma uno di loro, con il consenso della moglie, cerca avventure con donne giovani e ci arriva vicino, ma quando è già in camera e lei è anche già senza vestiti lui sorride e si sottrae: non perché non ne abbia voglia, spiega, ma perché ogni volta che mi capita qualche cosa di meraviglioso la prima cosa che desidero fare è raccontarla a mia moglie e questa non gliela potrei raccontare e allora se non posso condividerla con lei vuol dire che poi non è vero che sia così meravigliosa. E questo mi è sembra un bel modo per spiegare che cosa sia l’amore vero tra marito e moglie.

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