Blog / Lettere | 28 Giugno 2014

Le Lettere di Paolo Pugni – Gli schiaffi e le risa

“Le lezioni che il Signore ti manda, spesso passano attraverso la lingua tagliente di chi non sopporti”.
M’è rimasta impressa questa frase buttata lì con affetto durante la prima cena della Terrazza Pugni 2014 a proposito di una discussione tra uomini su Facebook.
Si dissertava di persone poco simpatiche e aggressive che infestano le bacheche e i post, atteggiandosi a paladini di qualunque cosa.
Io son fumino, lo sapete, e mi inalbero per poco, magari non proprio poco-poco, ma… di sicuro quello che mi fa partire l’embolo è la sciapa incomprensione dell’umorismo, della battuta, dell’ironia.
Ora dopo le figuracce mondiali della nazionale si cercava di elaborare il lutto prendendosi un po’ in giro: dicevo “guarda un po’ son passate tutte le sudamericane,sarà un caso?”, sottintendendo un po’ di malizia, di calcolo, di “gomblotto!” ma per scherzare.
Sempre scherzando qualcuno commenta: “sarà l’effetto Bergoglio? ☺”.
Ora che questa sia una battuta non c’è bisogno di sottolinearlo, di gridarlo a colori forti.
Mi pare evidente.
E subito dopo arriva l’anatrema (sì con la r come lo diceva il testimone di Bagnocavallo, uno strepitoso Faletti dei tempi di Drive in) di una signora che spara “Ma siate coerenti quando scrivete Cose assurde e senza certezze…Cosa c’entra il Papa, e i Cristiani inneggiano commenti…Che Dio ci aiuti! Saper perdere ? A costo di nominare un Santo lontano da tutto ciò. Commenti di pettegole! Leggo e non solo questo, ma sono delusa dell’ Italia come degli italiani che si professano Cristiani …”
Leggo e parte l’embolo: questa non solo non ha capito una cippa, ma si ritiene in dovere di farci la lezione, il catechismo, ci condanna.
Iniziamo a discutere e la finiamo lì, capisci presto quando sei di fronte ad un muro e provi a prenderlo a testate, così per il bene di entrambi, specie mio –son egoista- meglio staccare e affogare in una avemaria.
Ma sono uomo, mi piace l’universale, l’Idea (alla moda di Platone), l’elevazione alla massima. E siccome quello stesso giorno più d’uno aveva dato segno che il caldo aveva spento i ricettori dell’umorismo, e poi son sempre quelli che non lo capiscono, me ne esco il giorno dopo con un aforisma (genere letterario che pronuncia una massima generale per stigmatizzare comportamenti o affermare verità, presunte verità) e scrivo:

“Imparate a rispettare l’ironia, l’umorismo, la battuta sottile che aggiunge, che rallegra, che diluisce il male e lo esorcizza. Imparata a capire l’eleganza dell’autoironia, del ridere castigando i vizi, del farsi beffe del maligno e della sofferenza per salire più su.
Imparate l’empatia.
Imparate a leggere e riflettere prima di scrivere e rendervi ridicoli.
Che quella non è auto-ironia, è solo una figuraccia.”

Ma si sa per le donne l’universale, il sempre, il tutto non esiste, esiste io, qui, adesso. Esiste la concretezza, che batte la nostra voglia di teoria, che spesso diventa alibi o pretesto.
Così ottengo nel giro di pochi istanti dalla medesima importuna (segnatevi questo aggettivo) del giorno prima questa risposta (e che cos’era in agguato?) come se avessi parlato a lei da sola, in privato, quasi nell’intimità: “Attenzione a non nascondersi dietro l’ironia e non usare inzegnanenti per punire chi riconosce ,una personalità classista , selettiva e vanitosa .anche lì porrebbe insnuarsi il demonio.Non hai a che fare con una stupita conosco l’uomo e i suoi sofismi. Prendila come un consiglio tietro il tuo smartfon c ‘é gente che vede oltre ….puoi anche cancellarmi se il tuo istinto lo ritiene giusto…“ (ho copiato con gli errori originali)
E subito dopo una nuova sequela di condanne, di epiteti sulla mia presunzione.
Non basta, la tipa in questione, osa –ripeto: osa, segnatevi anche questo verbo- non solo disaminarmi ma addirittura bannarmi dal suo Facebook, diventa irraggiungibile, io non esisto più: mi ha fatto sparire.
Che cosa posso fare? Mi imbufalisco. All’ennesima potenza. Poi inizio a pregare. Mi calmicchio. Il cervello pian piano si riaccende.

Ecco che qui arriva la lezione: nel giro di pochi giorni la seconda che mi apostrofa dicendo, sostanzialmente: non aspettarti sempre l’applauso, il tripudio, l’acclamazione quando pubblichi. Non sei sempre nella ragione e non sei mai una star: datti una calmata e impara a ragionare prima di scrivere e prima di replicare. Pensa che non possiedi la verità, che non sei il Messia della rete, che non hai solo fan imbecilli che bevono tutto quello che scrivi. Pensa.

Touché.

Magari questa donna che ho descritto come importuna –vedi sopra- è solo una persona che soffre (poi l’ho intuito da una parola buttata lì qualche post dopo).
Magari ho toccato un nervo scoperto senza volerlo e senza accorgermene.
Magari si sente giudicata come mi sentivo giudicato io prima.
Magari sta vivendo dei problemi seri e non trova la serenità.
Che ne so io comunque?
Perché aggredirla?
E perché sentirmi addosso questo senso di superiorità, di palcoscenico, di standing-ovation da eroe del web, da protagonista della battuta sagace?
Forse attraverso queste repliche il Signore mi sta dando una carezza, uno schiaffettino, mi prende un po’ in giro per farmi capire…
Forse ci devo ragionare sopra un po’ di più.
Anche dai social si impara a ripulire la coscienza.

p.s. ovvio che mi aspetto una valanga di mipiace e di commenti entusiasti a questa mia perla di saggezza.

p.p.s. ovvio che quello che ho appena scritto qui sopra nel p.s. è una tagliante battuta auto-ironica.

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