Blog / Materiali dottrinali | 02 Settembre 2013

Benedetto XVI – Il posto buono nella vita è quello in cui si scende per servire

Fin dal 1977, da quando Ratzinger da poco nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga, insegnava nelle università tedesche. c’è un gruppo di ex-allievi – i Ratzinger Schülerkreis – che lo incontra per un seminario estivo. Quest’anno l’incontro, iniziato il 31 agosto e giunto alla sua 38° edizione, è stato dedicato al tema “La questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione”, alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague. Come di consueto, si è svolto a Castel Gandolfo; Benedetto XVI però non vi ha partecipato, in virtù della sua scelta di vivere una vita nel ‘nascondimento’ e nella preghiera. Tuttavia ieri 1 settembre, nella cappella del Governatorato in Vaticano, l’ex Pontefice non ha mancato di presiedere la Messa con i suoi studenti, cogliendo l’occasione di questa rara ‘uscita pubblica’ per fare un elogio dell’umiltà, quella virtù che è “il fondamento di tutta la vita cristiana”, come diceva San Giovanni Crisostomo. Erano presenti circa cinquanta persone concelebrata con il ‘caro amico’, Christoph Schönborn, il cardinale arcivescovo di Vienna; il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; gli arcivescovi Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia; Barthelemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, mons. Hans-Jochen Jaschke. Papa Ratzinger ha detto che la logica cristiana capovolge totalmente la logica umana: al male si risponde con l’amore, la salvezza si ottiene dalla sofferenza della croce, e il “posto buono” non è il “primo posto” agognato per tutta la vita che ci afferma, bensì quello che ci abbassa, ci umilia, ma che ci porta a sperimentare l’amore gratuito di Dio.

Ecco una silloge dell’omelia.

“Noi ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via se in Sua vece e come Lui proviamo a diventare persone che ‘scendono’ per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell’amore”. Lo spunto per l’omelia di Ratzinger è stato il brano del Vangelo della domenica XXII del tempo ordinario, nel quale Gesù invita a prendere l’ultimo posto. “Un posto che può sembrare molto buono, può rivelarsi un posto molto brutto” ha osservato il Papa emerito, avvalorando quindi l’insegnamento evangelico del “chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

Gli stessi apostoli, nell’Ultima Cena, discutevano su chi avrebbe occupato i posti migliori, ma Gesù rivela loro che il miglior posto è quello accanto a Lui, “secondo la sua misura”. Una misura fatta di abbassamento, perché Cristo – spiega Benedetto – non ha mai scelto una ‘corsia preferenziale’ o una posizione privilegiata, ma anzi è nato in una stalla ed è morto su una Croce, presentandosi quindi come colui “che vuole servire”.

Per questo chi si dichiara cristiano, quindi apostolo inviato da Gesù Cristo, deve essere “l’ultimo nell’opinione del mondo” afferma Papa Benedetto. “Chi, in questo mondo e in questa Storia forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo” – ammonisce – “deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a Lui, misurarsi alla responsabilità per l’altro, deve diventare colui che serve, quello che nella realtà è seduto ai piedi dell’altro”. Solo così, afferma Ratzinger, “benedice e a sua volta diventa benedetto”.

“Cristo – prosegue – il Figlio di Dio, scende per servire noi e questo fa l’essenza di Dio che consiste nel piegarsi verso di noi”. L’umiliazione è quindi “elevazione”, e “la Croce”, che nella Storia “è l’ultimo posto”, un “non-posto”, in realtà è “la vera esaltazione”, come afferma Giovanni nel Vangelo.

Sul Crocifisso, afferma Benedetto XVI, “Gesù è più alto, è all’altezza di Dio perché l’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Dio, l’altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione agli altri”. Aprirsi all’altro è infatti la chiave per sperimentare questa umiltà salvifica. Cristo – ricorda l’ex Pontefice – esorta nel Vangelo “a invitare tutti, a prescindere dai vantaggi personali, anche i paralitici, gli storpi, i poveri”. Come ha fatto Egli stesso che ha invitato “noi alla mensa di Dio”, mostrandoci in questo modo “cosa sia la gratuità”.

Proprio il concetto della gratuità è il perno della fede cristiana, secondo il Papa emerito. “Nella lotta per la giustizia nel mondo – afferma infatti – non dobbiamo mai dimenticare la gratuità di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano gratis la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi gratis”. A nostra volta, quindi, dobbiamo “donare questa gratuità per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a Lui, per aprirci a Lui”.

“Senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere” rimarca Benedetto; quindi anche l’economia, seppur basata sulla “giustizia commutativa” del do ut des, “rimane qualcosa di gratuito”. Infatti, le più grandi cose della vita, cioè “l’amore, l’amicizia, la bontà, il perdono” – sottolinea Ratzinger – “non le possiamo pagare”, “sono gratis, nello stesso modo che in cui Dio ci dona a titolo gratuito”:

In ultimo, Benedetto XVI si sofferma sulla liturgia cristiana, una liturgia “umile” ma allo stesso tempo “incommensurabilmente grande”, perché “ci unisce alle schiere degli angeli e dei santi nella festosa gioia di Dio”. La liturgia, afferma Benedetto, “rinnova il sacrificio, l’estremo abbassarsi di Cristo che versa il suo Sangue nell’Eucaristia”. E questo Sangue ci permette di “entrare nello splendore del raduno gioioso di Dio”, perché – conclude –rappresenta “il suo amore”, “il Monte di Dio e ci apre alla gloria di Dio”.