
Blog – Ammirare chi fa scelte che lo rendono antipatico: la lezione di Jannik Sinner
A soli ventitré anni, Jannik Sinner ha fatto qualcosa che in Italia non si perdona facilmente: non partecipando alla Coppa Davis ha scelto di essere antipatico a molti. In un Paese dove il tennis è diventato improvvisamente popolare grazie a lui, dove ogni suo gesto è scrutato e giudicato, a qualcuno questa decisione sembra un affronto. Ma proprio in questa “antipatia” si rivela la grandezza di Sinner. A ventitré anni — un’età in cui la maggior parte dei coetanei cerca ancora di capire chi è — lui ha compreso che la propria identità vale più del consenso. Che non serve piacere per essere veri.
La sua è una scelta di libertà e di maturità. È il gesto di chi non vive per compiacere, ma per essere fedele a se stesso, al proprio corpo, ai propri limiti, alla propria visione della carriera (e, perché no, anche al proprio conto in banca). A ventitré anni, Sinner dimostra di avere la lucidità di un uomo che sa dire “no” quando tutti si aspettano un “sì”. L’Italia del tifo e delle bandiere avrebbe voluto un eroe disponibile, sorridente, sempre pronto a sacrificarsi per la squadra. Ma lo sport di oggi, e la vita di sempre, insegnano che non si può dare tutto sempre: bisogna scegliere quando fermarsi, quando recuperare, quando proteggersi. E solo chi sa farlo potrà davvero durare, crescere e vincere. Se Sinner diventerà antipatico a qualcuno non è perché ha smesso di amare la maglia azzurra ma perché ha deciso di essere libero. E questa è una forma di coraggio che merita ammirazione: quella di chi non cerca il consenso, ma la verità di sé. Viviamo in un Paese in cui la simpatia è una virtù più richiesta del talento o della competenza. Chi sa piacere viene amato; chi non si sforza di piacere, viene giudicato.
Sinner, invece, ha deciso di non essere “amabile” a tutti i costi. Di non conformarsi alle aspettative, ai riti mediatici, ai sentimentalismi di facciata. Ha scelto il silenzio quando gli si chiedeva spettacolo, la sobrietà quando gli si suggeriva teatralità, la concentrazione quando intorno montava il chiasso. Sinner è un ragazzo che ha deciso di non farsi possedere né dall’amore del pubblico né dal potere del successo mediatico. In questo gesto c’è qualcosa di profondamente adulto, persino ascetico: un messaggio a un Paese che confonde la popolarità con la verità, e l’applauso con il valore. Per questo merita ammirazione. Non per le vittorie, ma per la libertà con cui accetta di perdere l’affetto di chi non lo capisce. A ventitré anni, Sinner ci ricorda che la maturità non è accontentare gli altri, ma restare fedeli a se stessi — anche se questo significa essere, per un po’, l’antipatico dell’Italia.