Articoli / Blog | 21 Gennaio 2021

Blog – Quattro motivi per cui il complottismo fa male

La retorica delle teorie complottiste, è quel soffocante modo di essere per cui, quando si discute, sapere dove stanno la ragione o il torto è l’ultimo dei problemi visto che ogni punto di vista è letto solo con la mente del “mainstream”, quel modo di pensare dominante che, in qualunque modo vada, è sempre contro di noi.

Vivere in mezzo a gente di periferia, comporta scoperte sorprendenti. Nel mio quartiere, quando un calciatore importante sbaglia in maniera grossolana un rigore c’è sempre, per esempio, chi sostiene che sia stato pagato. Le prime volte non credevo alle mie orecchie ma poi ho verificato che tanto più la gente mi considera uno di loro, tanto più mi confida apertamente la tendenza dello spiegare gli avvenimenti con teorie complottiste. Questo atteggiamento ha diversi vantaggi.

Il primo è che fa sentire superiore agli interlocutori. “Io – è il non detto – ho degli elementi che non ti posso confidare in base ai quali so che Tizio ha sbagliato perché la camorra lo paga. La riprova è evidente: converrai con me che un attaccante bravo come Tizio non tira in un modo così scellerato. Quindi, visto che l’ha fatto, significa che dietro c’è qualcosa di losco”. Vi assicuro che ripetere con sicurezza quest’affermazione faccia venire il sospetto che “qualcosa di vero” ci sia.

Il secondo vantaggio è che una teoria complottista è comunque una spiegazione. Una spiegazione balorda è sempre meglio del puro mistero. Pensare che il Coronavirus è frutto del mero caso implica accettare la possibilità che qualcosa di simile possa riaccadere in ogni momento, e questa possibilità è sconfortante: trovare invece che un laboratorio di cattivi ha progettato il male restringe almeno un po’ il ventaglio delle possibilità.

Il terzo vantaggio della teoria infondata è che non può essere smentita. Se io “so” che l’errore del penalty è frutto della corruzione da parte di una potente lobby il mio ascoltatore non può replicare nulla. Un teorema non verificabile è per definizione esente da qualsiasi replica: tu che mi ascolti non puoi contraddirmi proprio per il motivo per cui mi ascolti, e cioè che non ne sai nulla. La tua ignoranza ti inabilita le obiezioni.

Infine, ecco la quarta e definitiva motivazione, quella che spiega perché le teorie complottiste hanno maggior possibilità di trovare un terreno fertile tra la gente come me, ovvero tra la gente “che non conta niente”: riconoscere che dietro ogni avvenimento c’è un complotto esime dall’operare in modo che gli avvenimenti cambino. Siccome non fare nulla è proprio quello che stiamo facendo (visto che è l’unica cosa che possiamo fare), sapere di essere nel giusto – o per lo meno nel “non sbagliato” – ci fa stare un po’ meglio. L’unica cosa che possiamo fare, è chiuderci nelle nostre tane, e aspettare che passi il complotto boffonchiando: insomma l’esatta descrizione della nostra giornata.

Fomentare il sospetto dei complotti e indurre la disillusione delle coscienze è una logica dalla quale il credente deve liberarsi come da un veleno proprio perché spinge a non fare il poco di bene che è alla nostra portata di mano. Nessuno di noi, per esempio, è in grado di competere con i complotti delle mafie che impediscono di risolvere l’emergenza rifiuti nelle metropoli, ma ciascuno di noi è in grado di camminare venti passi in più per fare la raccolta differenziata e mettere la carta nel giusto raccoglitore. È questa l’umiltà cristiana, quella di chi accetta la misura delle cose. È l’umiltà che conduce alla verità, a chiamare le cose per nome, a tenere separati i problemi per renderli piccoli e quindi abbordabili. Alla nostra portata.