Blog – Caso Trump: quale autorità regolamenta il web?
Questa mattina gli utenti di Telegram hanno ricevuto nelle loro chat delle parole in cui il principale concorrente di WhatsApp si rallegra per aver superato i 500 milioni di utenti attivi: “solamente nelle ultime 72 ore, più di 25 milioni di nuovi utenti si sono uniti da tutto il mondo” conclude trionfalmente.
Come chiunque capisce, la crescita di Telegram in questi termini è semplicemente conseguenza del ban deciso da Twitter, Facebook e Instagram verso Trump (e per 12 ore verso l’italico Libero). Le persone, sapendo essere WhatsApp proprietà di Zuckerberg, credono, passando alla concorrenza, di “dare una lezione ai social”, incoraggiati in questo dai mezzi di comunicazione standard (testate tradizionali, radio e televisione) che hanno per qualche ora la possibilità di vendicarsi di coloro che in pochi anni li hanno fatti diventare vecchi.
Quanto sta accadendo in verità è molto grave ma non per i motivi di cui sento parlare.
Devo in primo luogo premettere che quanto fatto da Trump è, in negativo, di un peso enorme. Quanto accaduto a Capitol Hill è solo la manifestazione di come siano state minate le basi di un paese nei mesi precedenti. Proviamo ad immaginare cosa accadrebbe nel nostro paese se per due mesi non si sapesse chi ha vinto le elezioni. Ebbene, questo scenario, che nel mondo accade solo in repubbliche dalla storia democratica fragilissima, è avvenuto in quello che, ancora, è il Paese più importante del mondo. Si capisce quindi come la posizione di social che si sentono corresponsabili di aver portato quell’uomo al governo, abbia senso.
La domanda però a cui gli Stati devono rispondere è: a quale autorità politica devono obbedire Facebook, Twitter e tutti gli altri (Telegram compreso)?
Nessuno può fare nel proprio privato “qualsiasi cosa” perché chiunque deve rispondere alla legge dello stato sul cui territorio la proprietà si trova. Un pasticciere non può decidere di non servire nel proprio locale le persone dalla pelle nera, o gli omosessuali, perché verrebbe denunciato, subirebbe un processo e verrebbe condannato. Allo stesso modo, il proprietario di una villa con parco non può decidere di bruciare una notte le proprie piante per godersi lo spettacolo di un incendio “tanto sono a casa mia e faccio quello che voglio”. Se i due fatti che ho descritto avvenissero in Italia il nostro Stato interverrebbe per far rispettare le nostre leggi.
La domanda quindi è: a quale autorità statale obbediscono realtà come i social (o in generale le realtà del web) che sono contemporaneamente ovunque?
A questa domanda devono rispondere gli Stati (la Merkel in primo luogo) e non i social. Essi semplicemente cercano di comportarsi al meglio (e secondo i loro interessi) in un territorio in cui la politica non ha avuto colpevolmente la capacità di intervenire e di dire la propria.