Don Massimiliano Nastasi – Riflessioni sulla XVIII domenica del Tempo Ordinario /A

Is 55, 1-3    Sal 144    Rm 8, 35.37-39    Mt 14, 13-21

Terminato il capitolo sulle parabole (Mt 13, 1-52), relativo al terzo grande discorso di Gesù, si conclude la prima presentazione generale dell’origine (Mt 1, 1 – 2, 23), dell’annuncio e delle opere di Gesù, dando così inizio ad una nuova fase ripartendo dalla città iniziale di Nazaret (Mt 13, 53-58) e da Giovanni il Battista. Pertanto, «che si tratti della seconda fase lo si spiega anzitutto perché Matteo riporta dettagliatamente solo a questo punto la vicenda del Battista». [1]

Un ordine redazionale comune a tutti gli altri Vangeli che si fonda su una narrazione orale precedente, come confermano i diversi studi esegetici più recenti. Infatti, «è bene ricordare che i primissimi ricordi su Gesù sembrano aver compreso una certa struttura narrativa che inizia con Giovanni Battista, prosegue con la missione e il messaggio di Gesù e culmina con la sua morte e resurrezione». [2]

Con la morte del Battista [3] (Mt 14, 1-12) che «ha vissuto il mistero del cristianesimo prima della manifestazione del Cristo e ha vissuto nell’attesa di questo Regno per tutti gli uomini», [4] Gesù resta l’unico a proclamarlo – «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4, 17) –, e il primo segno che compie come manifestazione di questa presenza è quello della moltiplicazione dei pani (Mt 14, 13-21). [5] Infatti, in una lettura propriamente esegetica, «i vangeli sinottici non ricordano soltanto che Gesù operò dei miracoli, ma che le sue opere miracolose erano segni potenti del Regno e che erano inscindibilmente legate al suo annuncio». [6] In particolare, per Gesù «il miracolo non è una prova dell’esistenza e dell’azione di Dio com’è per l’apologetica successiva, poiché egli non conosce assolutamente il dubbio circa Dio. Il miracolo suppone piuttosto per lui e per il suo ambiente la fede in Dio». [7] Ma nello stesso tempo, «secondo il contesto culturale del I secolo, Gesù non potrebbe dunque essere riconosciuto come un autentico profeta messianico se non compisse anche lui segni e prodigi. Come Mosè, egli dovrà compiere miracoli relativi all’acqua (il Mar Rosso, secondo Es 16) e al pane (la Manna, Es 13, 17ss)». [8]

Le guarigioni come gli esorcismi per Gesù sono soprattutto gesti salvifici compassionevoli – «Egli vide una grande folla; sentì compassione per loro» (Mt 14, 14) –, primizie della presenza del Regno che manifestano la potenza del dominio misericordioso di Dio operante all’interno e per mezzo della sua persona, come sfamare con cinque pani e due pesci «cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini» (Mt 14, 21).

In realtà tale primo segno relativo alla seconda parte del Vangelo matteano (Mt 14, 1 – 20, 34) indica la “prima” moltiplicazione dei pani perché successivamente l’evangelista ne riporta un altro (Mt 15, 29-39) aggiungendo alcuni particolari. Che Matteo all’interno del suo scritto relativamente breve narri per due volte lo stesso miracolo è motivato dal fatto «di ritenere questo segno particolarmente importante e perciò di riportarlo secondo la regola anticotestamentaria della testimonianza da parte di almeno due persone (Dt 19, 15)». [9] Così anche il Vangelo più antico (Mc 6, 30-44 e 8, 1-10), differentemente da Luca (Lc 9, 10-17) e specialmente dal quarto Vangelo (Gv 6, 1-15) che lascia il solo Gesù alla distribuzione: «Prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti» (Gv 6, 11).

Matteo, quindi, recupera da Marco le due narrazioni della moltiplicazione dei pani ma non pienamente la loro l’interpretazione di fondo. Infatti, «senza alcuna citazione, Mc 6, 36-44 riprende elementi testuali della storia della moltiplicazione dei pani in 2Re 4, 42-44», [10] che portano alla tipologia Eliseo-Gesù. Matteo, invece, imposta una tipologia mosaica, [11] seguita dal quarto Vangelo: «Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero» (Gv 6, 32). Comunque sia, Gesù è rappresentato vicino alle autorità dell’antica alleanza (confermato dalla pericope della trasfigurazione in Mt 17, 1-8) e solo a partire da esse lo si può comprendere, sia nelle parole sia nelle azioni miracolose. I segni, infatti, sono colti solo nella grammatica della missione profetica, per quanto sempre alla sua perfezione: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5, 17).

Il segno della moltiplicazione dei pani, al livello narrativo più immediato, «rappresenta il potere divino di Gesù messo al servizio di una moltitudine affamata, la cui difficile situazione tocca il suo cuore». [12] Ma più verosimilmente, senza negare il suo dato storico riportato da tutti i Vangeli, essa rappresenta un’immagine simbolica che anticipa il banchetto messianico. Di fatto, resta improbabile che «gran parte della folla sia uscita di casa per un viaggio di una giornata senza portare con sé alcun cibo; i contadini palestinesi di oggi non sarebbero così imprevidenti». [13] Così come il cerimoniale con il quale Gesù benedice e distribuisce il cibo anticipa l’ultima cena (Mt 26, 26).

Il miracolo non fa seguito, poi, alla meraviglia dei presenti proprio perché è legato al suo aspetto simbolico di anticipazione dell’eucaristia e del banchetto messianico (Mt 8, 11-12), reso più esplicito in Gv 6, dove la moltiplicazione dei pani è seguita dal discorso del pane di vita. Quindi segno e simbolo messianico che trova compimento nel vero banchetto messianico, l’eucaristia.

Le due pericopi della moltiplicazione dei pani, poi, inseriti nella seconda parte del Vangelo di Matteo e all’inizio della sezione sulla cristologia ed ecclesiologia (Mt 13, 53 – 18, 35), assumono ancora di più una valenza simbolica nell’idea del nuovo popolo attraverso una tripologia di eventi: morte di Giovanni Battista (la fine dell’AT); moltiplicazione dei pani (eucaristia come segno del NT) e cammino di Gesù sulle acque (cristologia). Un’unica idea concettuale, Gesù nuovo e definitivo Mosè, che presenta universalmente «la nuova famiglia, il cui unico presupposto è la comunione con Gesù, la comunione nella volontà di Dio», [14] e resa plastica in queste tre rappresentazioni.

«Ha un significato mistico il fatto che il popolo viene saziato durante quel pasto, mentre gli apostoli lo servono (Mt 14, 19-20): in quell’esser saziati vien dato il segno che la fame è stata allontanata per sempre, perché colui che riceve il cibo di Cristo non avrà più fame (Gv 6, 35), mentre nel servizio degli apostoli è preannunziata la futura distribuzione del corpo e del sangue del Signore. E è già cosa degna di Dio il fatto che cinque pani abbiano sovrabbondato per cinquemila persone; si sa, infatti, che quella gente fu saziata con un cibo non scarso, ma che era moltiplicato». [15]

[1] K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento. I. Vangeli e Atti degli apostoli, Queriniana, Brescia, 2014, 92.

[2] J.D.G. Dunn, Dal Vangelo ai Vangeli. Storia di una continuità ininterrotta, San Paolo, Torino 2012, 99.

[3] Riportato anche dallo storico Giuseppe Flavio in Ant. 18.5,2 * 116-19, ove indica la fortezza di Macheronte come luogo del supplizio.

[4] Theodossios Maria della Croce, Le profondità sacre della parola di Dio, Città Nuova, Roma 1996, 159.

[5] Per shmeion, nel NT, si intende un miracolo, e più precisamente, un «eventus sensibilis praeter cursum naturae divinitus factum», come riferisce Tommaso d’Aquino in STh I, q. 110, a. 4 e in I, q. 105, a. 6 e a. 7. Ma anche come «un evento che contro le attese normali e ha una portata religiosa: esso viene inteso come azione di Dio» (G. Theissen – A. Merz, Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana, Brescia 1999, 382). Anche se nei Sinottici assume il significato di “segno apocalittico” (Lc 21, 25).

[6] G. O’Collins, Cristologia. Uno studio biblico, storico e sistematico su Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 20184, 61.

[7] R. Bultmann, Gesù, Queriniana, Brescia, 20177, 147.

[8] C. Perrot, Gesù, Queriniana, Brescia 20042, 74.

[9] K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento, cit., 92.

[10] J.-N. Aletti, Senza tipologia nessun vangelo. Interpretazione delle Scritture e cristologia nei vangeli di Matteo, Marco e Luca, San Paolo – GBPress, Milano – Roma 2019, 31.

[11] Cfr. D.C. Jr. Allison, The New Moses. A Matthean Typology, Wipf and Stork Publishers, Eugene (OR) 1993, 293-328.

[12] R.E. Brown, Introduzione al Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia, 2001, 209.

[13] J.L. MacKenzie, «Il Vangelo secondo Matteo» in Grande commentario biblico, Queriniana, Brescia 1973, 935.

[14] Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, 144-145.

[15] Ambrogio di Milano, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 6, 84: CCL 14, 204.

 

Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma. Autore dei saggi “La cristologia adamitica nella concezione agostiniana. Alla scoperta di un’antropologia della redenzione” (Edizioni Sant’Antonio, Padova 2019) e “La questione del soprannaturale nella concezione agostiniana. Riflessione all’opera De natura et gratia di Agostino d’Ippona” (Edizioni Sant’Antonio, Padova, 2019)