
Le Lettere di Iris – Il Vangelo delle donne
Non ricordo dove ho letto questa definizione e mi scuso con l’autore per il plagio, ma la sua definizione del vangelo di Giovanni è troppo bella per non aver suscitato in me prima meraviglia, poi orgoglio. Sicuramente i biblisti storceranno il naso, ma siccome io non sono così dotta, invece di seguire l’esegesi corretta, seguo l’emozione, perché questo tempo di Pasqua, nonostante tutto, è tempo di festa per i cristiani (posso dire l’umanità?). Il vangelo di Giovanni è sicuramente il più difficile, il più teologico e intellettuale perché l’Evangelista è giustamente preoccupato di dimostrare la natura divina di Gesù, ma è proprio nella narrazione dei “segni” che le donne sono protagoniste. La prima donna, Maria, la madre, ispiratrice del primo miracolo a Cana, in cui sono state viste tante simbologie ma nel quale io continuo a vedere la tenerezza di una mamma per due sposi in difficoltà e poi sempre Lei, sotto la croce, per assistere, nella morte del Figlio, alla nascita della Chiesa ed accettare la nuova maternità, madre della Chiesa nascente ma anche madre dell’umanità tutta, perché Cristo è morto per tutti. Poi Marta, l’iperattiva un po’ polemica, che fa la più bella e più forte dichiarazione di fede in Gesù di tutto il Vangelo, più intensa di quella di Pietro, e sua sorella Maria che anticipa l’unzione del corpo morto di Gesù: avrà avuto un presentimento o era solo per onorare l’Amico e Signore che aveva richiamato il fratello dalla morte? Maria di Magdala ha invece avuto il privilegio di vedere per prima Cristo risorto, di correre a dare l’annuncio ai suoi discepoli ancora sconvolti e disorientati. (Il mio vecchio parroco, uomo di spirito, diceva che Gesù aveva preferito annunciare la sua resurrezione ad una donna “per essere sicuro che l’avrebbero saputo tutti quanto prima”.) La samaritana e l’adultera non sono state invece protagoniste di miracoli, ma hanno sperimentato in prima persona la grande novità del Regno di Dio, l’accoglienza, la misericordia: proprio loro due, emarginate perché donne, dalla condotta dubbia, una rea di morte e l’altra samaritana, hanno conosciuto per prime la carezza di Dio.