
Don Massimiliano Nastasi – Riflessioni sulla II domenica del Tempo Ordinario (A)
Is 49, 3.5-6 ⌘ Sal 39 ⌘ 1Cor 1, 1-3 ⌘ Gv 1, 29-34
Con la festa del Battesimo del Signore inizia il tempo ordinario leggendo in modo semi-continuo il vangelo di Matteo. Ma in questa seconda domenica ci è proposto ancora un brano del IV Vangelo come una “terza epifania”. La prima è quella con i magi ove gli stranieri riconoscono nel bambino il Dio di tutti i popoli; la seconda è quella delle acque del Giordano quando il Padre rivela in Gesù il figlio diletto. La terza epifania è proposta oggi come la conoscenza che Giovanni il Battista ha fatto di Gesù.
Egli, dopo l’esperienza teofanica del Cristo, ammette: «Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha mandato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo» (Gv 1,33). Come scrive Bruce Vawter, infatti: «Il Battista non aveva riconosciuto in Gesù il Messia anche se lo scopo preciso della sua attività battesimale era di preparare gli uomini alla venuta del Messia. Fu soltanto quando battezzò Gesù che il Battista lo riconobbe come il Messia […]. La teofania al momento del battesimo fu un evento oggettivo e non semplicemente un’esperienza privata di Gesù» [«Il vangelo secondo Luca» in Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia 1973, 1381].
L’epifania si rende manifesta, così, attraverso la testimonianza di Giovanni il Battista, che comunque è in attesa in quanto «concepisce il proprio battesimo come un preparare la via per la venuta del Signore» [K. Berger, Commentario al Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia, 2014, 427]. Il passo successivo è mostrare il Maestro ai suoi discepoli: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato nel mondo» (Gv 1,29).
L’agnello di Dio è un termine particolare tipico del linguaggio biblico ed indica l’animale del sacrificio, la vittima di salvezza, ricordando l’Esodo pasquale dall’Egitto. Ma l’agnello è anche la vittima quotidiana nel Tempio ed immagine con la quale il profeta Geremia presenta se stesso come vittima debole (cfr. Ger 11,19) o come Isaia nel “Servo del Signore” come: «Agnello condotto al macello» (Is 53,7).
L’agnello di Dio, in questo contesto, è il Messia che porta a termine un’antica profezia: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6). Questa promessa che Dio fa al proprio profeta (secondo Isaia) trova attualizzazione nel suo tempo, intorno al 538 a.C., quando il re Ciro di Persia permette agli Ebrei esiliati a Babilonia – circa 15.000 in tutto – di ritornare al loro paese vivendo un nuovo Esodo (cfr. Is 43,16-21) per giungere a Gerusalemme. Ma come ogni oracolo dell’Antico Testamento, rimane in ombra nell’attesa di essere rivelato.
La sua manifestazione (ἐπιϕάνεια) si rende perciò definitiva alle acque del Giordano quando Giovanni il Battista riconosce Gesù come “il servo di Dio” e lo propone a tutti, iniziando così il ministero pubblico del Messia e con esso la nostra salvezza.
Con l’espressione “servo di Dio” nel linguaggio orientale si intende il “ministro”, colui che ha tutto il potere del padrone e suo rappresentante. Gesù gli viene dato da Dio, come suo “servo”, il compito non solo di ricondurre Israele a Dio ma di diventare luce per tutti i popoli. Di fronte all’impegno che il Padre propone, il Figlio risponde: «Ecco io vengo» (Sal 39[40],8) accettando di farsi uomo e scendere al livello umano (κένωσις) per condividere l’umanità con tutte le sue sofferenze (cfr. Ef 2,6-7).
«Ciascuno offra a Dio se stesso, presentandosi come vittima vivente, gradita a Dio, immolando a Dio un sacrificio di lode mediante un culto spirituale (cfr. Rm 12,1). Dal momento che la quantità delle vittime secondo la legge è stata rigettata come vana, negli ultimi tempi è stata approvata e offerta una vittima per l’eliminazione del peccato. Infatti, l’Agnello di Dio ha tolto il peccato del mondo (cfr. Gv 1,29), offrendo se stesso quale sacrificio e vittima in odore di soavità»: Basilio il Grande, Interpretazione sul profeta Isaia 1, 24 (PG 30, 165).
Nato a Roma il 2 aprile 1976, sacerdote diocesano. Dottore in Teologia, dopo l’insegnamento IRC e gli studi a Milano e Roma, fino al 2015 è stato Vice Preside dell’Istituto Teologico Diocesano e Direttore dell’Ufficio Catechistico di Mondovì. Ha approfondito Archeologia e Geografia a Gerusalemme e attualmente è Docente di Cristologia presso Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, Guida Biblica per l’Opera Romana Pellegrinaggi e Vicario Parrocchiale di Santa Caterina da Siena in Roma.