Blog / Scritti segnalati dal blog | 24 Settembre 2019

LaRepubblica – Restare bambina senza un tempo

Alessandra Bialetti segnala al blog questo articolo, introducendolo così

Essere amati a pezzettini. Perché si incontrano tante braccia aperte all’accoglienza nella straordinaria diversità di ogni stretta. Chi con un tetto, chi con un piatto caldo, chi con una carezza. Solo se ci si rende rete l’amore può circolare e germogliare. Storie di chi non si sente abbandonato ma accompagnato. E su tutto, collante di tante relazioni, il bene sparso a piene mani da una nonna. Una vita che rinasce dalle macerie.

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Deborah Rossi, 51 anni, operatrice sanitaria, dopo tredici anni di orfanotrofio accolta da una famiglia di Napoli

“Io volevo essere così. Per sempre. Bambina nel tempo. Non mi importava poi tanto se ero stata abbandonata, ovunque  ho trovato carezze, un letto per dormire e qualcosa da mangiare. Mi ci ero abituata ad essere amata un pezzettino alla volta, ogni tanto. Per prima mi  ha voluta bene una  balia di Napoli che mi ha allattata di cui qualcuno deve avermi parlato. Poi mi hanno voluta bene le signore della mensa dei poveri in via Monsignor Bologna a Campobasso, quando avanzava la pasta me ne davano ancora un po’, mi guardavano con il sorriso negli occhi e il sudore sul viso, mi accarezzavano  dietro la testa e qualcuna mi prendeva anche in braccio”.

“Poi mi hanno voluta bene tutte le donne di via Sant’Antonio Abate  avevano figli anche loro e non si capacitavano come io non avessi una mamma con cui stare. Qualcuna, in certe sere, donava a mia nonna Carmela e me  la cena saporita e calda che ci sarebbe bastata per tutto l’inverno se la nonna ed io non avessimo avuto tutta quella fame. Mi ha voluto bene zì Carminiello il salumiere che conservava per noi pezzetti di cose buone da mangiare e quando la nonna poteva comprare un po’ di formaggio, faceva finta che costava pochissimo. Zí Carminiello mi accarezzava con gli occhi e la moglie uscendo da dietro al bancone mi arruffava i capelli che già erano arruffati per conto loro”.

“Questo bene mi ha dato la forza di sopportare le punizioni al collegio. Non è che non piangessi mai, non é che le mazzate non mi facessero male, non é che stare in ginocchio ore e ore sopra ai fagioli non mi pesasse e non mi duolesse, ma avevo imparato a sopportare, a piangere silenziosamente, soprattutto avevo imparato a sperare anche contro ogni ragionevole speranza, era solo questione di tempo, ma tutto finiva. L’unica cosa che volevo non finisse erano le visite della nonna, una volta al mese, della carne in mezzo al pane, dei suoi baci bagnati di lacrime, del suo profumo di naftalina, del suo alito dall’odore di mille spezie”.

“Non sopportavo la sua assenza, non  capivo perché non potessimo restare insieme sempre per sempre. La nonna era la colla che insieme a tutto quel bene sparso. Ora che sono una donna adulta, la colla dell’amore della nonna mi manca ancora tanto, e vorrei essere così, bambina nel tempo  senza l’amore  importante della mamma, ma con l’amore portante della nonna che mi mi dà forza  e mi fa sopportare la fatica della vita  che in certi momenti  ancora sento. Una bambina nel tempo senza un tempo preciso”.