
METRO – La violenza uccide anche i sopravvissuti
I morti dello Sri Lanka ci sono stati terribilmente vicino. Tanti, troppi morti e feriti, che in questo caso ci riguardano particolarmente perché tutti noi conosciamo un singalese che ci può raccontare la paura provata. La voce della violenza esplode dopo che tutto è esploso e ci investe anche quando la bomba ha già fatto la sua strage; la violenza non toglie la vita solo uccidendo, ma toglie anche la gioia di vivere ai sopravvissuti. Colpire durante una Messa o una vacanza è devastante. Le trappole vietcong erano pensate non per uccidere ma per ferire e lasciare urlante chi ci cadeva dentro. Erano pensate per il buio. Assolutamente invisibili, il ferito gridava tutta la notte a pochi metri dai compagni che, non vedendolo, non potevano aiutarlo ma neppure si potevano allontanare. E così stavano lì ad ascoltare le loro paure materializzarsi in grida di dolore. Le urla uccidevano gli altri soldati senza nemmeno toccarli; li uccidevano dentro senza bisogno di pallottole. Lo Sri Lanka non ha come bollettino di guerra “solo” la terribile conta di morti e feriti ma anche la paura che ci può ghermire e farci decidere di rimanere chiusi in casa. Per questo la vera resistenza è continuare ad andare a Messa o in vacanza, con prudenza, ma come se la strage non ci fosse stata. Per le ferite ci sono i dottori, per la paura solo la resistenza di non farsi spaventare e di continuare a vivere.
Tratto da Metro